Camerino – 20/21.6.2025
Foto: Fabio Ciminiera
Dieci concorrenti per un livello complessivo senz’altro soddisfacente: si può riassumere così, in una sintesi davvero estrema, la finale della ventinovesima edizione del Premio Internazionale Massimo Urbani. Dieci musicisti diversi per stile, approccio ed età, hanno messo in luce altrettante intenzioni nell’affrontare l’improvvisazione, gli stilemi del jazz e le dinamiche di una competizione: dalle visioni più tradizionali a quelle maggiormente rivolte alla ricerca, passando per il gusto personale dei singoli interpreti e la capacità di dialogare con una ritmica esperta, le dieci esibizioni hanno proposto una musica solida e sempre centrata.
«La tecnica è fondamentale, ma non basta. Abbiamo osservato l’interplay, la presenza scenica, la capacità di interagire con il pubblico. Fare musica jazz, oggi, significa abbracciare una vocazione profonda.» E, in effetti, prendendo lo spunto dalla parole di Max Ionata, presidente della giuria in questa edizione, la finale di quest’anno ha messo al centro le tante qualità che vengono richieste al musicista di jazz odierno: talento e tecnica, certo, ma anche capacità di raccontare e necessità di comunicare insieme agli altri musicisti sul palco e con il pubblico. Un «mestiere complesso», ancora parole di Ionata, che si costruisce con tanti elementi, attraverso l’esperienza, ma anche con la predisposizione mostrata da molti dei musicisti saliti sul palcoscenico della Rocca Borgesca di Camerino.
Il sassofono è stato il vero protagonista di questa edizione con ben sei finalisti impegnati con lo strumento che fu di Massimo Urbani. La ritmica formata da Emilio Marinelli al pianoforte, Gabriele Pesaresi al contrabbasso e Massimo Manzi alla batteria ha accompagnato la compagine dei concorrenti con un miscela efficace di sensibilità ed esperienza, di accogliente professionalità e solidità interpretativa e, non da ultimo, con il grande interplay stabilito nella lunga militanza comune nella Colours Jazz Orchestra. Le diverse declinazioni delle tradizioni del jazz si sono alternate nell’approccio più groovy di Mattia Basilico e Marco Marchini, nelle evoluzioni più squisitamente mainstream di Vincenzo Di Gioia e Julian Fiorentino Iorio e nelle esecuzioni robuste dei più esperti Giovanni Benvenuti e Alessandro Bianchi. La verve e la fantasia del flautista Aldo Di Caterino, il fraseggio più spigoloso e moderno del chitarrista Simone Magioncalda, l’approccio sobrio del pianista Nicolò Di Pasqua e la voce rivolta del trombettista Antonio Scannapieco, risultato poi vincitore del Primo Premio, hanno completato un quadro notevole senza dubbio per spessore e qualità. Un lotto di musicisti apprezzati poi anche nelle jam session che hanno chiuso le serate e animato il jazz lunch e che hanno messo in luce interpretazioni alle volte più spensierate di quelle proposte nel concorso e una voglia sincera di confrontarsi.
Il tradizionale concerto del vincitore dell’anno precedente ha aperto la prima giornata, venerdì 20 giugno: Cesare Panizzi ha proposto un piano trio moderno, ricco di spunti intriganti da sviluppare e ben sostenuto dalla ritmica formata da Giuseppe Scianatico al contrabbasso e Gianluca Vescovini alla batteria. Un concerto condotto con carattere e lucidità, cercando un equilibrio asciutto tra la grande storia di un format centrale nella vicenda del jazz e le proprie intenzioni personali.
Nel pomeriggio di sabato 21 giugno, il focus si è concentrato sulle realtà didattiche del territorio con il Pergolesi Jazz Ensemble, quintetto nato all’interno del Conservatorio Pergolesi di Fermo, e con il Coro di Voci Bianche Maurizio Cavallaro di Camerino impegnato in un omaggio alla musica per l’infanzia firmata da Sergio Endrigo.
Il concerto di Max Ionata con la ritmica del Premio è stato al centro della seconda serata: quattro musicisti in grande spolvero, capaci di costruire brano dopo brano un dialogo fluido e un’interazione consistente per far viaggiare spedita la musica. Al termine del concerto, come da tradizione, il quartetto ha chiamato sul palco, prima Antonio Scannapieco, vincitore del Premio, e poi tutti i finalisti per la festa conclusiva.
Infine, come d’obbligo i nomi dei vincitori dei diversi premi in palio. Come scrivevo sopra, Antonio Scannapieco ha vinto la ventinovesima edizione del Premio Internazionale Massimo Urbani: il trombettista venticinquenne si è aggiudicato così anche il Premio Paolo Piangiarelli, vale a dire la registrazione del suo primo disco come leader, e il premio Nuovo IMAIE, consistente in una serie di concerti in festival e istituzioni musicali italiane. Scannapieco ha vinto anche il Premio del Pubblico. Al secondo posto si è classificato il sassofonista Vincenzo Di Gioia mentre al terzo posto i sono piazzati ad ex aequo il flautista Aldo Di Caterino e il sassofonista tenore Giovanni Benvenuti. Il chitarrista dicianovenne Simone Magioncalda è stato scelto per il Premio della Critica. Il sassofonista tenore Alessandro Bianchi ha vinto il Premio Social. La borsa di studio per Nuoro Jazz è andata al giovanissimo Julian Fiorentino Iorio, sassofonista appena dodicenne. I due Premi Fara Music Jazz Lab sono stati assegnati ai due sassofonisti Mattia Basilico e Marco Marchini.
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