The Bigger Black Box theory – Un lieu

Luca Perciballi: chitarra elettrica, chitarra acustica, elettronica, oggetti, sound editing
Ivan Valentini: sassofono contralto, sassofono soprano, oggetti
Paolo Botti: viola, banjo
Francesco Guerri: violoncello
Nelide Bandello: batteria

Jazz’Halo – 2025

Il duo di Ivan Valentini e Luca Perciballi, denominato “Black box theory”, si allarga a quintetto per questo disco, ospitando tre musicisti, oltre che qualificati, altrettanto curiosi e disposti a rischiare l’inosabile in una seduta di improvvisazione assoluta, senza nulla di preparato in partenza, cioè, sic et simpliciter. L’incontro fra questi cinque compositori istantanei genera circa cinquanta minuti di musica ondivaga, disomogenea stilisticamente, ma omogenea nella riflessione degli spunti, delle convinzioni di un gruppo capace di dialogare sul filo del rasoio di un equilibrio difficile da raggiungere, viste le premesse, ma perseguito con un atteggiamento giusto e consapevole. Le due parti in cui è diviso l’album sono similari e in continuità una dell’altra. Si ascoltano sequenze scomposte, destrutturate, modellate da strumenti utilizzati in maniera non convenzionale per creare suoni e rumori desueti, privi di qualsiasi accenno alla bella melodia, insidiati da una voce che esprime un qualcosa di lamentoso e di inquietante Queste parentesi libere e di impatto rumoristico, figlie della free form, cioè, sfociano, poi, in momenti sobriamente lirici, un lirismo estremo e calzante, con tutte le eccezioni del caso, inevitabilmente. Si vuol dire, insomma, che il discorso, in fin dei conti, riesce ad avere una sua logica, un senso (in)compiuto, in virtù delle abilità costruttive dei musicisti impegnati in questa impresa. Non c’è niente di programmato a priori, come detto, ma non si procede a caso, bensì ci si muove guidati da un’idea coerente, organizzata in progressione, che arriva a far quagliare complessivamente la proposta.
Ivan Valentini sfodera un campionario assortito di tecniche irregolari sul sassofono, con schiocchi, note multiple, fraseggi volutamente disarmonici. Perciballi usa la chitarra come uno strumento a percussione, oppure produce suoni isolati, significativi e pregnanti, che servono a ricucire le varie voci in campo in modo appropriato. Botti e Guerri seguono il carro, o lo anticipano, a seconda delle circostanze, uniformandosi al tipo di contesto in cui vengono ad agire, esibendo, in diversi punti, il bel timbro puro della viola e del violoncello, con un retrogusto tardo-romantico, atto a implementare gli stessi caratteri dell’operazione.
Nelide Bandello, da parte sua, più che accompagnare, realizza un clima ritmico, fra tensioni e distensioni, scandendo e scansionando il tempo sulle pelli e sui metalli con energia e metodo, o anti-metodo, che dir si voglia.
Il disco, in conclusione, non ci conduce in un “lieu” (luogo) tranquillizzante, né consolatorio. Non è questo lo scopo del progetto, sia chiaro. Il cd, con tutte le sue asperità, mette in mostra, invece, la personalità di cinque improvvisatori capaci di destreggiarsi agevolmente in questo tipo di imprese, non certo facili, poiché prive di appigli comodi e sicuri.


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