Antonio Faraò – Kind of… Piano Solo

Antonio Faraò: pianoforte

Notes Around – 2025

«È naturale chiedersi dopo 45 anni di musica e di vita sul palcoscenico, perchè proprio ora? È un traguardo importante, ma anche una sfida profonda e personale per ogni pianista. Come alcuni dei miei progetti, anche questo è rimasto nel cassetto, Non ho mai sentito l’urgenza di realizzarlo, desideravo maturarlo con un certo spessore. Ora è arrivato il momento giusto.»
Antonio Faraò ha giustamente voluto raccontare il perché, dopo tanti anni di carriera, si sia deciso a pubblicare un disco in piano solo. Il suo è un traguardo; un raggiungimento consapevole che si è dato senza forzature o ansie da pubblicazione. Tale consapevolezza e fiducia nei propri mezzi traspare e la si ascolta in “Kind of…”. Il piano solo, come racconta Faraò, non è una cosa semplice per un pianista. Lo strumento non ti permette di sbagliare. Richiede tecnica, apertura mentale, mood, applicazione e controllo del tempo. Il pianista milanese è riuscito in questo. Il suo pianismo afro, orchestrale, dalle volute impressioniste, melodiche e cantabili, riesce a trasferire emozioni e allo stesso tempo serenità. I suoi racconti sono pacati, di chi con soppiatto vuole farti ascoltare la sua versione dei fatti e quei fatti sono le sue composizioni, in primis, e poi gli standard. Due mondi che riesce pienamente a far dialogare, colmando le differenze e facendole sembrare delle originali novità. Si perché tra questi dodici brani che compongono il disco Faraò è riuscito a costruire un filo rosso che li congiunge, ne da continuità e fa da ponte alle sue diverse anime. La sua estrazione afroamericana, unita ad una capacità di armonizzazione non comune e il modo di usare entrambe le mani, tra ritmo e costruzione, fanno si che “Kind of…” possa essere classificato come un riuscito autoritratto di un pianista in solitaria. There will never be another you da avvio alla performance di Faraò. È un inizio giocoso, allegro, suonato in punta di dita. Il tema è li a ricordarci l’essenza dello standard, ma Faraò vi gioca attorno con dovizia, inserendo le sue idee, attraverso un’armonizzazione aperta e lucente. La title track è una ballad solare, fortemente melodica e suggestiva nella sua coerente semplicità comunicativa. In O Que Sera di Buarque Faraò ripropone il tema ma ci lavora sopra a suo modo rendendo anche la malinconia del brano meno bianco/nera rispetto all’originale. Segue poi Pina, un pezzo descrittivo, dai toni concilianti e dalla struttura semplice e leggera. Around è più dinamico, complesso, dalla ritmica insistente e dallo sviluppo vorticoso. McCoy Tyner viene ricordato, omaggiato e ripreso in MT. Mentre in Ballad For Four Faraò da un saggio di come si costruisce una classica ballad senza riporla temporalmente nella classicità di genere. Round Midnight vuole essere probabilmente un richiamo a uno dei suoi maestri e allo stesso tempo un’esecuzione che si fa originale attraverso alcuni dei suoi spunti originali. Gospello è una composizione pretestuosa nel senso che al suo tema lineare e classico il pianista inserisce le sue invenzioni e improvvisazioni figlie di un background colto e enciclopedico. I didn’t know what time it was riprende atmosfere e salti gioiosi ascoltati in There will never be another you. Il disco volge al termine: My Blues è una scorribanda indemoniata sulla tastiera, mentre Sulle Nuvole Faraò spinge in alto la sua poetica tra sogno e voglia di libertà.


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