Ogni disco di Roberto Ottaviano contiene una sostanza impalpabile che traspare dalla sua musica e si chiama spiritualità. È un elemento essenziale, chimico, che sta alla basa della formula musicale definita jazz. Quella di Ottaviano si spinge più in là cercando di abbracciare, attraverso la musica, l'umanità intera dando un senso universale al suo gesto. Lo strumento, chiaramente, è quello del jazz, che lui interpreta egregiamente, portandolo nello stesso luogo, l'Africa, dove sono nati i prodromi di questa musica, la diaspora e il dramma di oggi, tra differenziazioni razziali e immigrazione.
Eternal Love è un disco "diverso" dai suoi precedenti e ottimi lavori, Sideralis e Astrolabio. Quelli erano progetti di ricerca, di approfondimento ed esplorazione, nello stesso tempo, di nuovi territori sonori. Eternal Love invece è più introspettivo, va all'interno di sé e di ognuno, ripercorre le orme di chi non c'è più ma che è sempre tra noi e guida il nostro cammino - concetti, questi, basilari dell'universo religioso africano.
Ottaviano, in questo nuovo disco, ha cambiato formazione confermando Alexander Hawkins e Giovanni Maier e aggiungendo Marco Colonna ai fiati e Zeno De Rossi alla batteria.
Uhuru, pezzo tradizionale africano apre la serie di nove brani che compongono Eternal Love. Di questi, due sono firmati da Ottaviano: l'ipnotico e aperto
Questionable 2 e la profonda e ispirata
Eternal Love, incarnazione dello spirito del disco. Su questa linea mistico spirituale s'innestano una serie di cover reinterpretate e riportate a nuova vita attraverso un lavoro di rara maestria. Stiamo parlando della splendida
African Marketplace di Abdullah Ibrahim,
Chairman Mao di Charlie Haden,
Mushi Mushi di Dewey Redman,
Oasis di Elton Dean, la gioiosa
Your Lady di John Coltrane e la struggente e danzante
Until The Rain Comes di Don Cherry. Four Stars!
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