Black Poker è un disco particolare che possiede una struttura anomala ma riuscita: da una parte c'è un classico quartetto jazz con hammond e senza contrabbasso; dall'altra un quartetto d'archi - il Florence Arte Quartet - di estrazione cameristica. Tra queste binarie strutture strumentali s'inseriscono due musicisti diversi tra loro ma accomunanti dallo stesso senso di ricerca e rischio: il batterista Francesco Cusa e il sassofonista e direttore d'orchestra Duccio Bertini. Quest'ultimo ha anche firmato due brani,
Interludio ed
Elegia, e arrangiato tutte le composizioni del disco. La musica di Black Poker contiene un chè di misterioso: l'atmosfera del disco ha un taglio fatalista e nello stesso tempo oscuro. Sembra che qualcuno stia li a giocare con il destino degli uomini, quasi come in un film di Roger Corman. A tratti, con le dovute distanze, sembra che richiami alcuni fantasmi tenebrosi e oscuri sceneggiati in
Tales of Mystery and Imagination degli Alan Parsons Project. Ma al di là delle impressioni che possono sembrare astratte c'è un disco concreto dove il quartetto d'archi si muove non a supporto ma come protagonista dialogante dell'anima jazz. The Assassins hanno un timbro ben preciso, incalzante, che colpisce subito con l'attacco di
Spades/Picche. A questo s'aggrega il violino, tagliente nella sua leggiadra e poetica narrazione. Il resto lo fanno le seconde linee d'archi prima di concedersi con costrutto all'elettronica. Ancora gli archi protagonisti delle aperture di
The Act Of Killing Music e
Clubs/Fiori. In entrambi i brani introducono il tema, si alternano con il quartetto jazz, cambiano direzione e colori per poi rientrare nel costrutto narrativo. Diverso è
Dr. Akagi, dove l'attacco di tromba e sax danno uno sviluppo free bop al pezzo valorizzato anche dagli impasti sonori pensati da Bertini, che in seguito concede in esclusiva la scena al quartetto d'archi in Interludio. Diamonds riparte con i fiati, in avanguardia, seguendo una linea temporale da sequenza filmica. Il pianoforte ricalca il tema spalleggiato da una tromba apparentemente lontana ed esile nel suono. In
Kirtimukha il combo inizia velocissimo per poi dare spazio al monologo di sax che viene smorzato dall'abbraccio degli archi. Il sipario di Black Poker si chiude con le liriche di
Elegia, una giusta fine per un'opera totale e d'avanguardia. Gli archi disegnano in autonomia lo scenario conclusivo di un disco affascinante e di moderna connotazione.
Segui Flavio Caprera su Twitter:
@flaviocaprera