Finnish Jazz. Recensione. Rite of Passage

Platypus Ensemble & Proton String Quartet - Rite of Passage

Satna Music – CD 082 – 2008




Platypus Ensemble.

Sid Hille: pianoforte, piano elettrico, melodica, voce

Manuel Dunkel: sax tenore, sax soprano, flauto

Seppo Kantonen: contrabbasso

Teppo Mäkynen: batteria, percussioni

Proton String Quartet.

Teppo Ali-Mattila: violino

Petri Päivärinne: violino

Maarit Holkko: viola

Veli-Matti Iljin: violoncello



Intervista a Sid Hille





La vicenda di Juan Rodrigo de los Pereiros e la leggenda della traslazione dei suoi resti costituiscono il nucleo narrativo di Rite of Passage, nuovo lavoro discografico del Platypus Ensemble, guidato da Sid Hille – pianista nato in Germania, formatosi in Olanda e residente in Finlandia dal 1994. La parte centrale del disco è costituita, infatti, da una suite in quattro movimenti, intitolata The Translation of El Chicho, the Saint. Accenti e richiami alla Spagna si ascoltano anche negli altri brani del lavoro, nelle atmosfere e anche nei titoli, Sur Norte e Claredad. Per completare la presentazione generale del lavoro, al Platypus Ensemble si aggiungono anche gli archi del Proton String Quartet.


Rite of Passage è un disco vivo e molto articolato, ricco di ritmi e di riferimenti. L’immaginario musicale spagnolo viene utilizzato con garbo e colora una ricerca compositiva interessante, aperta a spunti contemporanei e capace di accogliere e sviluppare la dimensione orchestrale della formazione. I brani scritti di Sid Hille attraversano con disinvoltura le varie influenze del jazz moderno e tradizionale, in un linguaggio compatto e coinvolgente: il lavoro è originale, in quanto espressione diretta del percorso artistico e personale del pianista e non perché risultato di una ricerca forzata e, per questo, rischiosa.


I suoni e le atmosfere del lavoro sono variegati e sempre intriganti: tutto il disco vive del costante intreccio degli elementi messi in gioco dalla formazione, nella loro sintesi efficace e lieve. Le voci dei due quartetti si fondono in una miscela indissolubile e inseriscono, così, stimoli ulteriori al suono del Platypus Ensemble – in buona sostanza, acustico e solido, ma venato con gusto sapiente e contenuto dal Fender Rhodes. A tutto questo, si aggiunge il filo rosso delle voci che costellano il disco e doppiano le linee melodiche: Hille lo utilizza, con mirata parsimonia, come una punteggiatura sensibile, attiva nel sottolineare i movimenti scenici della formazione. Per sfociare nella sezione centrale di Vrindavan in Vindala, affidata al gioco di domanda e risposta tra la voce di Sid Hille e i tamburi di Teppo Mäkynen.


L’utilizzo organico degli archi offre uno spunto interessante al disco: il quartetto non viene aggiunto in un secondo momento, come contorno, oppure visto come entità unitaria da giustapporre alla formazione originale; le quattro linee degli archi vengono spesso scisse tra loro per essere confrontate con i corrispondenti ruoli del Platypus e per rafforzarne le rispettive funzioni e intenzioni.


La formazione, ampia e composita, attraversa le nove tracce e si adatta in modo naturale alle diverse situazioni sonore e narrative, differenziando il proprio organico a seconda del momento: un lavoro animato da molti spunti, lineare e mai ridondante, condotto sempre con attenzione agli equilibri dinamici ed espressivi.