CamJazz – CAMJ 7801-2 – 2008
Kenny Wheeler: tromba, flicorno
John Taylor: piano
Hugo Wolf String Quartet:
Sebastian Gürtler: violino
Régis Bringolf: violino
Wladimir Kossjanenko: viola
Florian Berner: violoncello
Alle soglie dei suoi quasi ottant’anni, il trombettista di origini canadesi ma oramai inglese di adozione Kenny Wheeler si dimostra ancora oggi uno degli artisti più versatili e pionieristici in circolazione. Dagli inizi influenzati dal bebop negli anni cinquanta, Wheeler ha attraversato da protagonista tutte le influenze della storia afroamericana, passando dalle big band fino ad arrivare a metà anni sessanta alla svolta free-jazz, collaborando negli anni con musicisti del calibro di Keith Jarrett, John Abercombie, Anthony Braxton e Tony Oxley solo per citarne alcuni. Per la quarta uscita con l’etichetta italiana Cam Jazz, dopo i precedenti Where Do We Go From Here? in coppia con John Taylor, What Now?, con cui arrivò nel febbraio del 2006 a ricevere la nomination ai Grammy Awards come miglior disco jazz strumentale, e It Takes Two del 2006, Wheeler si è voluto togliere un altro sfizio, assai comune per la verità a molti jazzisti di tutte le epoche anche se non sempre realizzato poi, ossia quello di suonare con un quartetto d’archi. Per l’occasione si è affidato all’Hugo Wolf String Quartet impreziosendo maggiormente questo connubio con la presenza quanto mai azzeccata del pianista inglese e compagno di vecchia data di numerosi progetti John Taylor. Come erroneamente ci si aspetterebbe, non sono due violini, viola e violoncello al servizio del trombettista anglocanadese, bensì l’opposto, con il suono magico e poetico della tromba e flicorno di Wheeler ad intervenire sulle sublimi quanto delicate melodie del quartetto, in aggiunta al tocco magico dei tasti di Taylor a rendere il tutto ancora più unico e suggestivo. Non sorprende dunque che i brani centrali di Other People, registrato a Ludwigsburb nell’ottobre del 2005 ma pubblicato solo quest’anno, siano lasciati ai soli archi dimostrando ancora una volta la grandezza e l’umiltà del trombettista che in questo lavoro si fa notare soprattutto in veste di compositore e arrangiatore. Ciò che rimane è un album di altissimo livello e di raffinatissime melodie che ricordano per atmosfere il jazz più freddo di matrice nordeuropea ma che comunque non sarebbe corretto collocarle in un ambito esclusivamente jazzistico. Wheeler testimonia ancora di essere in grandissima forma e di aver ampiamente vinto la sua sfida in territori non proprio suoi, badando più alla voglia di realizzare qualcosa di particolare e speciale piuttosto che puntare su inutili personalismi e virtuosismi, aiutato in questo anche dai suoi ottimi compagni d’avventura con uno straordinario quanto elegante John Taylor e l’Hugo Wolf String Quartet che si conferma giustamente uno dei più rinomati quartetti d’archi in circolazione. Lode a tutti e in particolare alla Cam Jazz che si conferma sempre di più come una delle migliori realtà del nostro jazz.