Jazzing ART: le anime degli strumenti del Jazz

Foto: Angelo Abbonante









Jazzing ART: le anime degli strumenti del Jazz

Ecoteca, Pescara – 13.12.2008


Francesco Di Santo ha inaugurato, lo scorso tredici dicembre, la propria mostra personale Jazzing ART, presso l’Ecoteca di Pescara. Una mostra dedicata al jazz, aperta dall’esibizione del duo Hemisphere, composto da Cristian Panetto ai sassofoni, e Marco Di Battista al pianoforte. In occasione del vernissage, abbiamo incontrato il giovane artista e abbiamo cercato di conoscerne meglio il percorso espressivo e i suoi più importanti lavori, come la personale Fabulafrica e l’installazione Gentil Petrol



Jazz Convention: Come è nata l’idea di una mostra sul jazz e sui suoi strumenti più importanti?…


Francesco Di Santo: La personale JazzingART e, più in generale, tutto il ciclo Jazz Art, nasce da una mia passione personale per la musica in genere e, in particolare, per la musica Jazz. L’idea è nata dopo aver sviluppato l’icona della terza edizione di Dolci Romori Jazz Festival di Renzo Ruggieri: Classic(o)Jazz, questo è il titolo del quadro in esame, rappresentava un manico di contrabbasso, nell’opera non era visibile la cassa e il riccio. Ho scelto il contrabbasso perché è uno strumento comune a entrambi i mondi, è un suono presente nelle orchestre e nelle formazioni da camera, quanto nelle ritmiche del jazz. Sono uscito dal classico schema del reinterpretare i grandi personaggi del Jazz, i loro ritratti icone precostituite: ho sviluppato il tema mettendo in evidenza gli strumenti musicali e, più precisamente, ho messo in evidenza i particolari di alcuni strumenti, tra i più usati. Nella collezione, i quadri si mescolano in base all’idea primaria della musica afro-americana, ovvero l’improvvisazione e la creazione di gruppi: da questo nascono così un solo, un duo, un trio, un quartetto e infine un ensemble. L’Ensemble, nello specifico, è un omaggio a Slide Family, l’album di Mauro Ottolini e Beppe Calamosca, e ne prende il nome e, per chi non lo conosce, ne consiglio l’ascolto: tanti tromboni, due batterie e gli effetti di un sample.



JC: La tecnica che hai usato per i quadri è particolare: spiegaci qual’è e come sei arrivato a concepirla in relazione ai soggetti che hai rappresentato in Jazzart?


FDS:La tecnica che ho usato parte da un concetto “classico” acrilico su tela, con una sovrastuttura materica in PVC combusto. Mescolando l’immagine rappresentata con il calore del fuoco sul PVC che si fonde con la tela, cerco di ottenere un senso di amore e calore, quasi erotico, per esaltare la passione e l’energia che questa musica trasmette e spero che la stessa energia venga trasmesse a chi guarda i miei lavori.



JC: Il ciclo si chiama Jazz Art, mentre la mostra si chiama JazzingART… come mai…


FDS: Il ciclo Jazz Art, come ho detto prima, è nato quando Renzo Ruggieri, mi ha chiesto di rappresentare l’icona della terza edizione del del Dolci Romori Jazz Festival. In occasione della serata finale del festival, ho presentato anche una parte della serie denominata JazzART (EP).
In occasione della personale esposta qui ad Ecoteca, avevo inizialmente pensato di chiudere l’album facendo uscire JazzART (LP) – ti ricordo che tutto il lavoro è stato strutturato seguendo una logica musicale – ma alla fine, insieme al curatore della mostra Luigi Pagliarini, Jazz ART diventa Jazzing Art; lasciando così, con questo termine, il progetto opera-in-corso. Quindi non è da escludere altri sviluppi di Jazz Art.



JC: Anche in altre tue collezioni hai lavorato in maniera speciifca sui materiali e su soluzioni tecniche particolari. La tecnica diventa anch’essa un mezzo di espressione…


FDS: Si, io parto da un concetto (sempre) musicale, ognuno fa musica come meglio crede, può suonare un pianoforte in modo “tradizionale” ma può suonare il pianoforte usando dei mezzi un po’ meno usuali, magari con un distorsore, io con la pittura faccio la stessa cosa. Ad esempio, l’anno scorso ho affrontato il tema dell’Africa con la mostra Fabulafrica, nata, anche questa, da un’idea musicale. In quel caso, ho usato i colori su legno e poi ho lavorato sopra con una sovrastruttura in spago. In quel caso, lo spago, non viene usato come puro elemento decorativo, ma come parte integrante della cultura africana. Lo spago ricorda la terra, la manualità, i raccolti dentro i sacchi, i fasci d’erba raccolti, la natura ecc… parte intergrante della vita di alcune popolazioni africane e, perciò, parte integrante dei ritratti e paesaggi è lo spago usato, si mescola e si fonde con il colore, esaltandone alcuni particolari, come i tessuti o i capelli per esempio.



JC: Tornando a Jazz Art: nei quadri dominano i colori del legno e i rifelssi degli ottoni per creare un’atmosfera molto omogenea. Immagino sia stato un obiettivo quello di creare un filo comune e coerente.


FDS:Il colore omogeneo è una soluzione voluta per rassicurare l’interlocutore; può dare, forse, l’idea di una musica piatta, ma non è così. L’apparente omogeneità stimola chi guarda a concentrarsi sulle differenze, a non essere superficiale. Ho conosciuto molte persone che ascoltano jazz perchè dicono: “Mi rilassa…” senza approfondire i vari aspetti e le diverse sfumature di questa musica. Io sono partito proprio da quell’affermazione: rilassare tutti e lasicare, a chi voglia approfondire l’argomento, gli spunti per avvicinarsi ai quadri e al jazz.



JC: Sia per Fabulafrica che per Jazz Art hai voluto che l’apertura fosse a suon di musica…


FDS:Si. Io nasco come musicista e per me la musica è molto importante. Inoltre, accorpare le due discipline riesce ad esprimere meglio il mio modo di concepire l’arte. Inoltre, in Fabulafrica, invece di offrire un classico buffet di salato e dolce, ho voluto offrire agli invitati e ai visitatori una degustazione di prodotti tipici di alcune zone dell’Africa. Quindi l’apertura è stata una combinazione di musica tradizionale africana, suonata da un gruppo senegalese, di cucina tradizionale del Centrafrica e dei ritratti e dei paesaggi da me realizzati. Nel caso di Jazzing Art, invece, ho invitato il Cristian Panetto Hemisphere, duo jazz composto da Cristian Panetto, ai sassofoni, e Marco Di Battista, al pianoforte. La parte culinaria era invece composta da dolci e dessert come chiusura di una serata dopo cena. Buona musica, buona cucina e… buoni lavori lo dovreste dire voi! (ride)



JC: Quest’estate, sei stato al centro delle polemiche per Gentil Petrol, un’opera “dedicata” alle energie alternative… Innanzitutto cosa è Gentil Petrol? e poi raccontaci cosa è successo…


FDS: L’opera Gentil Petrol è nata in occasione della rassegna Spazi Evasi 2008 a Francavilla al Mare: il tema della manifestazione era dal titolo “E=?”, in omaggio alla celbre formula einsteiniana. Gentil Petrol è la risposta al tema proposto: è un distributore di urina con al fianco due piccoli distributori di Super e Diesel, “esangui”, piccoli e di colore bianco, e ornai in disuso, ad indicare il disuso per “sfinimento” ambientale! Naturalmente una provocazione, raccolta da alcuni in modo non molto positivo: tanto che alcuni cittadini e parte dell’amministrazione comunale avevano proposto di rimuovere l’opera. Il suo reale obiettivo è offrire alla popolazione un concime per la riflessione sull’uso incessante dei futili carburanti e un incentivo al riciclo.