Il pianeta dell’equilibrio. Planet Four @ Moody Jazz Café

Foto: Fabio Ciminiera





Il pianeta dell’equilibrio. Planet Four @ Moody Jazz Café.

Foggia, Moody Jazz Café – 16.2.2009

Eliot Zigmund: batteria

Chris Cheek: sassofoni

Frank Lo Crasto: pianoforte

Lorenzo Conte: contrabbasso


Formazione collettiva sin dalla sua denominazione, Planet Four è costituita da quattro musicisti diversi per esperienze e percorsi. La forza del quartetto è nell’unire in modo naturale le tante spinte differenti: gli elementi in gioco attraversano vari livelli – dalla visione tradizionale all’interplay, dalla ricerca di brani non scontati per il repertorio all’apporto propositivo di ciascuno – per esprimere un punto di vista allo stesso tempo personale e rigoroso.


Innanzitutto il confronto generazionale: una ritmica esperta, formata da Eliot Zigmund e Lorenzo Conte, e due musicisti giovani, ma dalla voce ben definita e salda, come Chris Cheek e Frank Lo Crasto. L’incontro tra i quattro rivela la disposizione democratica della formazione e la stessa disposizione passa attraverso il repertorio: la grande tradizione della canzone americana, una scelta oculata tra gli standard, un brano originale, l’omaggio a Bill Evans. L’esperienza di Zigmund nelle formazioni del pianista abbraccia il concerto con Interplay, suonata come secondo brano, e con la chiusura affidata a Time Remembered. All’interno Planet Four esegue brani come Subconscious Lee di Lee Konitz, Black Narcissus di Joe Henderson, Thelonious di Monk, Three and one di Thad Jones: scelte non troppo abituali, certamente non estreme, ma che dimostrano come si possa esprimere un proprio punto di vista anche attraversa una scaletta composta, nella sua quasi totale integrità, da brani non originali.


Unica composizione originale, Until Dusk di Frank Lo Crasto: un buon veicolo per il mood generale della formazione, sintesi, felice, di melodia e vigore, di giochi sul ritmo e sospensioni melodiche. Le differenti personalità dei quattro e le scelte del repertorio rendono, infatti, evidente ed efficace durante tutto il concerto l’equilibrio tra l’energia del bop e le diverse declinazioni del lirismo, speziato di accenti ritmici e disposizioni particolari. In pratica, lo swing della ritmica, la verve del sassofono, la linee definite e calibrate con precisione del pianoforte si mettono al servizio di brani dalle atmosfere pacate: una fusione efficace porta vigore e nervo nella musica di Planet Four.


Spesso si parla di canone o di rispetto delle regole; in questo caso, è forse più appropriato parlare di atteggiamento rigoroso: Planet Four suona jazz, nel senso più evidente e meno banale che questo termine implica. Il repertorio tratteggia scelte non usuali, per quanto, come si diceva nell’alveo della tradizione: nel vasto song-book di Irving Berlin il quartetto ha ripreso due brani come They say it’s wonderful e Count your blessing; le interpretazioni dei brani di Bill Evans ne mette in luce gli aspetti più introspettivi e essenziali, in una atmosfera quasi cameristica; i brani scelti, soprattutto Black Narcissus, offrono a Planet Four il terreno naturale per esprimere il proprio vocabolario sonoro.


I quattro musicisti danno spessore al concerto, con una partecipazione e una forte coesione complessiva. Gioventù ed esperienza, lirismo e energia, tradizione e personalità, tutti gli estremi trovano un equilibrio costante e sempre fertile per la gestione dei temi e le improvvisazioni.