Archi in Jazz 2009

Foto: Fabio Ciminiera








Archi in Jazz 2009.

Archi (CH) – 16/17.8.2009


“Incontri” potrebbe essere il possibile titolo della quinta edizione di Archi in Jazz. Incontri tra musicisti, ma anche tra forme ed espressioni artistiche. Il programma si è aperto, in maniera più esplicita, a una dimensione nazionale e ha presentato concerti e situazioni meno convenzoinali al pubblico di Archi.


I Trem Azul sono stati i protagonisti della prima serata. Sul palco di Piazza del Rosario i sassofoni di Stefano Cocco Cantini hanno affiancato il quartetto formato da Massimiliano Coclite, Alessia Martegiani, Bruno Marcozzi e Marcello Manuli. Una collaborazione non assidua ma duratura: la forza espressiva e l’approccio melodico virile e sempre pertinente di Cantini viene accolta con grande spirito e coesione dall’interpretazione della musica brasiliana realizzata dal quartetto. La forza di Trem Azul è nell’equilibrio tra la vivacità ritmica, i volteggi virtuosistici dei solisti e la precisa attenzione alla melodia: la crescita del quartetto è costante e gli interventi di Cantini hanno in questo modo un impatto positivo, stimolano ulteriormente il gruppo a dare il meglio di sé.


Per la prima volta, quest’anno, la rassegna ha proposto un appuntamento pomeridiano e, anche in questo caso, si è trattato di un incontro: il punto di partenza è stata la presentazione de Le rotte della musica, il libro da me realizzato (ebbene sì: sono diventato protagonista anch’io del festival…). Il volume, già terreno di incontri tra tradizioni diverse, tra ritmi e suoni, ha “provocato” il dialogo tra le parole dell’autore e gli interventi alla tromba di Antonello Sorrentino: racconti e improvvisazioni sonore, esperienze e celebri standard.


La serata conclusiva si è sviluppata tra immagini e suoni. Il primo set è stato affidato a Federico Ferrandina e alla sonorizzazione di due film muti – The haunted house di Buster Keaton e In the park di Charlie Chaplin. Una chitarra classica, pochi effetti, la luce vivida dello schermo: una presentazione delicata, lirica risposta alla visione espressiva di Keaton e Chaplin anche all’interno degli stilemi tipici della comicità del muto.


Il festival è stato chiuso da Monk, un’opera costruita in parallelo dalle immagini dedicate al pianista e realizzate da Ulisse Cipriani e dalla musica, suonate e improvvisate, da Piero Delle Monache e Riccardo Fassi, con l’intervento di Antonello Sorrentino e Federico Ferrandina. Un telo sul quale vengono proiettate le immagini e dietro il quale suonano i musicisti che, alla loro volta, vengono illuminati dal fondo e proiettati sullo schermo. Immagini e suoni si alternano, a seconda dei casi, alla guida del racconto: lo schermo e le note si rimandano simboli e temi monkiani in un dialogo reso ancor più intenso dall’interazione reciproca e dalla possibilità per il regista di improvvisare a sua volta “chiamando in scena” il film o le sagome dei musicisti.


A completare gli incontri tra le diverse forme di espressione, la galleria fotografica di Andrea Buccella: ritratti realizzati a musicisti e protagonisti della scena jazz internazionale, immagini stampate rigorosamente in bianco e nero per esaltare la forza degli sguardi e delle espressioni, la luce vivida di strumenti e gesti.


Un borgo piccolo sulle colline della valle del Sangro, un festival in crescita costante, sia per quanto riguarda le presenze che per il livello delle proposte. I margini per la crescita della manifestazione ci sono, come testimonia la risposta del pubblico, attento e divertito, durante il set di Federico Ferrandina e come lasciano facilmente immaginare le potenzialità del territorio.