Bluey speaks. Inside Incognito

Foto: Fabio Ciminiera










Bluey speaks. Inside Incognito

Intervista a Jean Paul Maunick.




Esattamente nel 1981, con l’album di debutto Jazz Funk, quasi interamente strumentale, gli Incognito, sono forse i primi a debuttare nel mondo dell’acid jazz. Il leader, Jean Paul Maunick detto Bluey, cantante-chitarrista-compositore, è inglese, ma originario delle isole Mauritius di lingua francese. Servendosi più tardi della splendida voce di Maysa Leak, Bluey crea un genere che prende il jazz e il funk mescolandoli ad atmosfere sulfuree, molto ballabili, qualcosa che, solo una decina d’anni dopo, verrà chiamato acid jazz dai critici inglesi. Dopo il brillante esordio segue purtroppo un lungo periodo di silenzio per gli Incognito, forse troppo in anticipo sui tempi; ma nel 1991 prepotentemente tornano con alla ribalta Inside life, mentre la consacrazione definitiva avviene con l’album Tribes vibes and scribes (1992), dove si trova una versione rivisitata e reintepretata meravigliosamente di “Don’t you worry bout a thing” di Steve Wonder. Nel 1993 Bluey raggiunge il meglio con Positivity, ma negli album seguenti si avvicina a un genere più dance ma sempre infuso di ritmi anni Settanta, con tante belle melodie.


Sul palco Incognito ha ora ben undici elementi (fra cui 4 vocalist ed una sezione fiati) e dal 22 al 26 Per conoscerli bene, la cd compilation Let The Music Play è perfetta, mentre il nuovo album, Tales from the beach (2009), prodotto dallo stesso Bluey è dedicato alle più belle spiagge del mondo, dall’isole dell’Oceano Indiano all’Italia medesima.



Jazz Convention: Bluey, quando hai cominciato musicista e come potresti definire il tuo background artistico-culturale?


Jean Paul Maunick: Mi sono innamorato della musica all’età di cinque sulle spiagge di Mauritius, dove abitavo, ascoltando la Séga (locale musica folkloristica). I primi artisti internazionali, che ho sentito in radio sono stati i cantanti francese Edith Piaf, Johnny Holliday, Silvie Vartan e Jim Reeves. Ma le band che mi hanno fatto l’impressione più grande a quel tempo erano gli Shadows e i Rolling Stones. Quando sono arrivato in Inghilterra nel 1966 ho scoperto il soul e la musica Jazz, sentendo subito che avevo trovato la via per il mio futuro. Ho ascoltato e amato tutto quello che era la vera anima anima musicale, ad esempio bianchi come Carole King, Joni Mitchell, CSN & Y altrettanto quanto i neri Stevie Wonder, Marvin Gaye e Herbie Hancock. L’influenza maggiore è mi venuta da formazioni afroamericane come gli Earth Wind and Fire, o il gruppo scozzese funky The Average White Band a metà degli anni settanta.



JC: Perché hai scelto di suonare una tua musica originale? Qual è il significato del nome del gruppo? Perché Incognito?


JPM: Sono sempre stato affascinato dal potere della musica di unire le persone e l’amore della danza. E’ sempre stato il mio sogno suonare una musica che è stata ricca di colori ed esaltante dal punto di vista ritmico. L’utilizzo di tempi forti e ritmi veloci, con linee di basso funky molto fluido, scandito da ottoni e voci potenti sono i miei ingredienti preferiti. Incognito singica letteralmente sconosciuto, ed è qualcosa che musicalmente ci ha permesso di andare oltre i limiti delle tendenze e delle mode. Indipendentemente dal colore, altezza, età e dimensioni, se si ha il talento da offrire, c’è posto per tutti in Incognito, è una formazione aperta, ogni volta un incognito appunto. In un mondo governato dai limiti della industria della musica pop, il nome è che è l’etica che ci fornisce un campo alla pari nel gioco dei ruoli: qualità che è rara in questo settore…



JC: Quali sono i musicisti che preferisci artisticamente? E tra quelli afroamericani?


JPM: Chiunque faccia musica con originalità, e abbia il cuore e l’anima in grado di dare qualcosa al pubblico: suonare e vivere… Se vuoi dei nomi, ti dico ad esempio che mi piacciono D’Angelo, i Foo Fighters, Raul Midon, Amy Winehouse, i White Stripes, Soil e i Pimp Sessions, Jill Scott, i Portishead, Lalo Schifrin e molti altri… La musica nera oggi è tutto un derivato della musica africana, che, tre secoli fa, viaggiò verso gli Stati Uniti e divenne Blues, Gospel, Jazz, R & B, Funk e Soul. In Brasile è diventato il Samba e la Batucada. Nei Caraibi è diventato Soca, Ska, Calypso e Reggae, nell’Oceano Indiano la Séga. La musica è una colonna sonora ai popoli che viaggiano con le loro vite e le loro difficoltà; e il loro superamento di quelle stesse difficoltà si riflettein queste forme musicali. Stevie Wonder, Marvin Gaye, Bob Marley, Gil Scott Heron, Curtis Mayfield ad esempio sono alcuni dei leader culturali, educatori che hanno fornito, soprattutto tra gli anni Sessanta e Ottanta, le informazioni e le fonti d’ispirazione per diverse generazioni. Ancora oggi. Mi auguro che Incognito continuano come tedofori per la nostra e le generazioni future.



JC: Tu, Bluey, sei per lo più il compositore della musica di Incognito: dove si trova l’equilibrio tra il modo di comporre e quello di suonare e improvvisare?


JPM: La cosa più importante è quella di rendere la composizione diretta o comunicativa all’ascoltatore. Per me ogni canzone è diversa e in essa è l’equilibrio tra il ritmo, l’umore, la melodia, i testi e la performance. Non ci sono regole, ma solo la forma o la struttura.



JC: Ti piace il nome “acid-jazz” per la tua musica? Ti piace la “scena acid-jazz” negli anni Novanta (Jamiroquai, Brand New Heaven, Count Basie, The James Taylor Quartet, Galliano, US3, Young Disciples, etc)?


JPM: Come eravamo lì presenti a concepire il movimento Acid Jazz, lo trovo un onore di portare quella bandiera. Acid Jazz descrive perfettamente la miscela di Soul, Funk e Jazz che tutti abbiamo abbracciato a Londra negli anni ’80 e ’90. Al centro di tutto questo è stato DJ Gilles Peterson, che in realtà ha coniato la frase Acid Jazz; e Incognito ha firmato per la sua etichetta Talkin ‘Loud. Noi, poi, nel tempo, non abbiamo cambiato la nostra direzione musicale, così mi trovo quindi a mio agio con questa categorizzazione. A volte ci hanno paragonato ai Brand New Heavies o a Jamiroquai, ma si potrebbe dire che tutti noi abbiamo spalancato le porte a questa musica nel Regno Unito. Ma il fatto è che nessuno di noi avrebbe potuto fare questa musica, se non fosse stato influenzato dal movimento americano Fusion e Funk-jazz degli anni Settanta: la musica di Miles Davis, Donald Byrd, Stevie Wonder, Earth Wind and Fire, Lonnie Liston Smith, Roy Ayers, Gil Scott Heron e molti altri. Che combinati con le scene Latino e poi Disco si sono dimostrate le origini dell’Acid Jazz. Noi siamo i portabandiera di questo periodo. Questa musica sarà ascoltate dalle future generazioni ben al di là della nostra vita!



JC: In che modo il contesto culturale e sociale della vostra città (Londra) vi ha aiutato o sta aiutando?


JPM: Io uso due passaporti per un anno di viaggi in tutto il mondo. Non mi sento di appartenere a una sola città. In passato ho vissuto anni Jakarta, Tokyo, Milano e Ubud, metropoli che hanno avuto come grande influenza sulla mia vita come la mia casa base di Londra. Qui sta la vera natura del mio background culturale e sociale. Il mondo è casa mia e la musica è il mio santuario! La musica non conosce confini. Questo è il motivo per cui esponenti politici di ogni colore sono sempre lì a cercare di allinearsi con i grandi nomi del mondo della musica. La musica è la vera lingua internazionale! La mia lingua di scelta consapevole!