Sostiene Bollani. Musica in televisione.

Foto: Monica Manetti





Sostiene Bollani. Musica in televisione.

Il punto è semplice. Da quanto tempo non veniva programmata una trasmissione incentrata sulla musica non meramente commerciale – e, in particolare, sul jazz – sui canali della televisione generalista italiana? Con musica suonata dal vivo, con i musicisti impegnati nell’esibizione come in un concerto dal vivo e protagonisti in prima persona delle varie puntate?


Un programma, inoltre, con un buon riscontro di popolarità e del quale si è occupata la stampa di settore e non. La risposta che mi sono dato – e sulla quale poi c’è stata una convergenza quasi plebiscitaria – è stata DOC, trasmissione ideata da Renzo Arbore e condotta insieme a Gegé Telesforo e Monica Nannini che, a metà degli anni ottanta e per un paio di fortunate stagioni, aveva portato negli studi Rai tantissimi protagonisti della musica di tutto il mondo, senza distinzioni di genere, a suonare dal vivo… Con tanto di collegamento realizzato da Gegé Telesforo inviato allo Stadio Olimpico al cospetto di Miles Davis, in un assolato pomeriggio romano.


La lunga premessa serve per dire come non ci sia abitudine allo spettacolo musicale in televisione da parte del pubblico e degli stessi autori: mancano i punti di riferimento, le aspettative si slegano in qualche modo dal merito del programma, si pretende che un programma accontenti tutti quelli che per definizione – gli appassionati di jazz, nello specifico – lo seguiranno, si teme un programma che faccia allontanare coloro, che per caso, si siano ritrovati di fronte allo schermo. Bisogna, inoltre e in ordine, suonare, divertire, divulgare, essere classici e spezzare gli schemi… tutto e il contrario di tutto, in pratica. Senza contare l’ora tarda, solitamente riservata nei palinsesti.


In Sostiene Bollani, il pianista ha accostato diverse linee. Ospiti scelti tra i personaggi del jazz italiano e internazionale, preventivati o sorprendenti a seconda dei casi; interpreti della canzone d’autore; una “sezione” divulgativa, corredata anche da immagini e ascolti; una serie di interpretazione di brani classici al pianoforte; una parte riservata alla comicità, legata anche all’esperienza radiofonica del Dottor Djembé, e che si è a sua volta suddivisa in canzoni ironiche e spazi recitativi in cui la musica è stata protagonista, tramite gli strumenti, le canzoni, le suggestioni offerte dalle note. Tante cose, per un’ora di programma: forse troppe, ma si torna al ragionamento fatto sopra.


Nel complesso, il programma esce bene in tutte le direzioni. Se ci sono cose che hanno convinto meno, hanno inficiato in maniera relativa lo sviluppo del programma. La scenografia, ad esempio, con la ritmica lontana e separata dal pianista; l’amalgama un po’ deficitaria tra i due conduttori e che si è andata poi costruendo puntata dopo puntata; alcuni episodi della linea comica che sono risultati un po’ forzati.


Detto questo, nelle sei serate c’è stato modo di vedere all’opera un trio residente di altissimo spessore, capace di esibirsi in proprio e di mettersi al servizio di solisti in maniera splendida. Bollani ha interpretato in solo un repertorio colto talmente ampio da abbracciare cinque secoli, dal seicento di Purcell ai giorni nostri. C’è stata la spavalda guasconeria di tentare in televisione cose non più pensate negli ultimi vent’anni come l’esecuzione dei 4.33 minuti di silenzio di John Cage o, più normalmente, di ragionare di musica con interpreti, autori e pubblico.


Altra cosa da non tacere è l’inclinazione al divertissement colto e all’utilizzo comico e giocoso della musica. L’intervento di Elio oppure il surreale e marxiano musical della conclusione ne sono la prova: la musica, i suoi stilemi, le sue espressioni, anche le più alte, possono diventare un luogo di divertimento. Per carità, è un terreno minato e l’espediente va utilizzato con coscienza di causa e con la grande conoscenza che ne hanno i personaggi coinvolti nell’operazione… anche se, come accennato sopra, il rischio di andare oltre è sempre in agguato.


Stefano Bollani ha dimostrato con Sostiene Bollani – ecco, forse, una delle cose meno convincenti era proprio il titolo – che da una parte la musica dal vivo può andare in televisione ed essere materia televisiva dall’altra si è definitivamente consacrato come punto di incontro tra il pubblico ampio e generalista della televisione e la scena jazz italiana. Sicuramente l’esposizione televisiva riaccenderà la polemica “purista” sull’istrionismo del pianista, sopita negli ultimi tempi grazie ad alcuni dischi maturi e importanti: polemica sterile dato che Bollani continua a comportarsi giustamente come preferisce e, soprattutto, e che gli riesce bene.


Il vero problema è che di trasmissioni come questa ce ne sono troppo poche. E di conseguenza, problema secondario, Bollani, onnivoro e multisfaccettato com’è, si presta a fare nella propria ora televisiva tutto quello che manca negli altri spazi. Sostiene Bollani è stato un programma televisivo centrato sulla musica, sui suoi personaggi, certo, ma soprattutto sul suo conduttore e sul suo modo di vivere l’esperienza musicale e per questo non poteva essere diverso da come lo si è visto: è stato sin dal titolo, il programma di Bollani e, come nei suoi concerti in solo, dove può agire da mattatore e far convenire spunti provenienti da direzioni diverse, Bollani ha spaziato tra generi e livelli e ha dato il giusto spazio alla propria innata capacità di uomo di spettacolo, in grado di affrontare pagine anche distanti tra loro e di unire musica e divertimento.