Paolo Carradori. Non sparate sul pianista

Foto: Copertina del volume





Paolo Carradori. Non sparate sul pianista.

Effequ – Saggi Pop 14 – 2011.


Il jazz, la sua evoluzione e le sue storie, permette letture con prospettive parziali. Si può ottenere un risultato assolutamente pregevole e fluido anche guardando solamente ad una delle sue parti. Anzi, come nel caso del maneggevole e accattivante Non sparate sul pianista, l’idea di analizzare la parte per il tutto – la sineddoche di retore memoria – diventa una chiave per entrare con grazia e levità all’interno delle pieghe stilistiche e narrative della musica afro-americana.


Come si può facilmente immaginare dal titolo, la parte scelta da Paolo Carradori per la sua disamina è il pianoforte. Non sparate sul pianista si compone di venticinque schede dedicate allo strumento – le prime quattro – e ad alcuni dei suoi interpreti più celebri. Il volume contiene, inoltre, tre interviste a tema, realizzate con Franco D’Andrea, Stefano Bollani e Fabrizio Puglisi e le “recensioni” di Giancarlo Cardini su quattro brani eseguiti in piano solo da Art Tatum, Bill Evans, Cecil Taylor e Keith Jarrett. Il tutto viene concluso dalla discografia ragionata presentata da Enzo Boddi e viene aperto dalla dedica a Luca Flores.


I tanti ingredienti scelti da Paolo Carradori vanno a dar vita ad una ricetta agile e veloce, in equilibrio tra le necessità imposte dal piano generale dell’opera, vale a dire rimanere entro 160 pagine, di piccolo formato e con un carattere ben leggibile. La sintesi divulgativa, la brevità e anche alcune ironiche prese di posizione riescono a non ledere il valore del testo, gli elementi da passare al lettore e il significato delle esperienze dei vari protagonisti scelti. Naturalmente, sarebbe stato possibile coinvolgere anche altri pianisti all’interno del volume, ma nel limite dello spazio a disposizione si apprezzano, più che la mancanza di questo o di quel pianista, alcune scelte particolari come Misha Mengelberg e Muhal Richards Abrams, a sottolineare, ed è giusto che sia così, l’attenzione per una determinata cifra stilistica. Lo stesso si può dire riguardo l’intervento chiesto a Cardini: forse è venuto meno lo spazio per qualche scheda, ma il confronto tra un pianista di musica contemporanea e quattro prove celebri di pianisti già analizzati porta un accento diverso nel discorso. Quanto alle interviste, come si diceva in precedenza, sono dialoghi sul pianoforte con una attenzione particolare, prima, all’avvicinamento e allo studio e, quindi, allo spettro sonoro e alle ricerche possibili sullo strumento.


La lettura della vicenda del jazz attraverso una sua particolare espressione è possibile proprio per il continuo incrociarsi delle storie del jazz: in questo senso, l’idea di una parte per il tutto diventa utile nel sintetizzare senza perdere elementi e passaggi storici e conservare la forma coerente e, tutto sommato, complessiva del racconto.