Plutino – Plutino

Plutino - Plutino

Spacebone – BONE 1004 – 2012




Beppe Scardino: sax baritono

Bobby Previte: batteria, percussioni

Francesco Diodati: chitarra elettrica, chitarra acustica






Se si volesse entrare in un dedalo di etichette e definizioni, Plutino potrebbe essere inquadrato come un disco di rock-jazz e con questo si vuole intendere un rock suonato da jazzisti, da interpreti applicati solitamente alla musica creativa e in diversi casi all’improvvisazione radicale. Se si guarda al singolo suono e alle frasi, gli accenti, le intenzioni, le pronunce utilizzati dai tre portano un sapore jazzistico nel disco, ma se lo si ascolta nella sua totalità è più facile pensare ai Morphine oppure ai White Stripes che a John Coltrane e Horace Silver. Ma come si vedrà in seguito, è meglio lasciar perdere le solite griglie stilistiche e ascoltare con orecchie libere.


Plutino è il disco omonimo del trio formato dal batterista statunitense Bobby Previte con due esponenti significativi del jazz emergente italiano come il baritonista Beppe Scardino e il chitarrista Francesco Diodati. Previte non è nuovo a incontri con musicisti europei, basterà ricordare Big Guns con Petrella e Salis e Pan Atlantic usciti entrambi per Auand Records: Plutino ha visto la luce nei concerti tenuti a New York in occasione del decimo anniversario dell’etichetta di Marco Valente.


Ma cosa succede effettivamente nelle nove tracce del disco, pubblicato dalla Spacebone di Gianluca Petrella? In realtà succede di tutto, anche se il trio mette subito in evidenza due coordinate precise su cui muoversi: scansioni ritmiche precise e granitiche; riff e frasi taglienti, esposizioni concise, invece che temi jazzisticamente intesi. Su questi cardini, Diodati, Previte e Scardino iniziano ad operare, in primo luogo, sugli spazi lasciati dall’assenza del basso e di una gestione armonica tradizionale. Diodati, infatti, si muove molto spesso sulle linee melodiche in un dialogo costante e serrato con Scardino, portando, in pratica, la formazione a somigliare spesso ad un trio con due fiati o, se si vuole rimanere nell’ambiguità delle definizioni, ad un gruppo rock con due chitarre soliste. Dopo di che entrano in gioco le sensibilità, gli ascolti, le esperienze e le intenzioni dei tre: dalle atmosfere cinematografiche di Volatility agli inserti ancestrali del dobro in Downgrading per arrivare, infine, alle feroci esclamazioni di Tranche e al blues sghembo e ieratico della conclusiva Bailout. Se si vuole, Contango strizza, passando attraverso il ritmo sudamericano, in qualche modo l’occhio ai canoni del jazz in maniera più esplicita per allargarsi, però nell’assolo di Scardino, ad una dimensione folklorica capace di guardare allo stesso tempo al Midwest di Beyond the Missouri Sky e alle tradizioni popolari italiane.


Come si sarà compreso, le definizioni lasciano, in generale, il tempo che trovano e in questo caso particolare sono utili solamente a dare una prima possibile inquadratura a Plutino. Dal secondo ascolto, una volta assimilati i metodi seguiti dai tre e presa familiarità con i brani, è meglio lasciarsi trasportare dalla musica, evitando di voler incasellare brani e atmosfere all’interno dei generi: non è semplicemente possibile con il lavoro operato dal trio. Diodati, Previte e Scardino puntano rapidi verso la sintesi tra esperienze diverse, una sorta di acceleratore musicale, dove il rischio del disordine viene evitato grazie all’approccio ritmico e all’applicazione dei tre, ma ogni elemento esce quasi sempre modificato profondamente rispetto a come viene concepito di solito.