Sinikka Langeland – The Magical Forest

CSinikka Langeland - The Magical Forest

ECM Records – ECM 2448 – 2016



Sinikka Langeland: kantele, voce

Arve Henriksen: tromba

Trygve Seim: sax tenore, sax soprano

Anders Jormin: contrabbasso

Markku Ounaskari: batteria, percussioni



Trio Mediæval:

Linn Andrea Fuglseth, Anna Maria Friman, Berit Opheim: voce






Cittadina (e testimonial culturale) del Finnskogen, area boschiva indovata al confine tra Norvegia e Svezia, ma abitata da secoli da colonie di finnici che vi hanno preservato arcaiche tradizioni, Sinikka Langeland ne persegue la divulgazione culturale e una personale edificazione estetica, rese da performance ed una calibrata sequenza di incisioni che ne hanno ormai definito il profilo in arte.


In particolare sembra questa un’occasione per rilanciare il concetto che tale identità si trovi ad un capo di una fascia culturale antichissima e migrante che da quelle aree si tende a ponte sulle arcaiche Russia e Siberia per spingersi fino al più estremo Oriente (legittimandosi peraltro negli sfuggenti tópoi caratteristici).


Ricostituendo il cast di quel fenomeno a sensazione che già fu Starflowers (ECM, 2007), il progetto rafforza la propria identità arricchendolo del contributo degli ulteriori percorsi di tutti, completandosi per elettiva affinità con una corposa realtà del canto a cappella, il Trio Mediæval che palesa naturale curiosità non soltanto per il repertorio dell’antichità (se ne possono enumerare eterogenee collaborazioni con Gavin Bryars, Bang on a Can, e nomi forti del jazz norreno, da Tord Gustavsen a Mats Eilertsen).


Coerente nelle soluzioni riproposte, The Magical Forest è appuntamento di conferma della qualità autoriale di Langeland, e palestra di cimento collettivo tra partner in stato di grazia: il groove di cristallo sostenuto dalla percussione, il carnoso, mai oppressivo sostegno delle corde basse, l’emissione nitida e ondulante del piccolo coro, i filamenti e i bagliori opachi della tromba, le serpiginose spire delle ance, il portamento incantatorio della voce e l’argenteo metallo del kantele contribuiscono tutti ad apporre tessere ad uno speciale mosaico tratteggiato da vita nascosta e poesia atemporale, fra valenza divinatoria e fragile devianza, abbreviando ulteriormente le distanze tra le proprie figurazioni creative e la fruizione.


Più che probabile, è anzi certo che la sempre ispirata Sinikka non possieda l’esclusività del mixing tra cameristico avant-jazz e matrici folkloriche (confluenti entro una libera corrente pop), ma permane personale la speciale ricetta tra gli arrangiamenti e la declamazione di ermetici testi: da versi runici a nu-jazz, i confini linguistici se mai avessero un senso qui appaiono ulteriormente vaporizzati, e nell’affinare ulteriormente l’arte propria (come si evincerà dall’ascolto anche della più remota discografia) la sua testimonianza riesce a trascendere le non minimizzabili implementazioni tecnico-espressive, infondendo piuttosto ulteriore linfa ad un linguaggio di naïveté e nobiltà, mélange di fervore poetico, sapienza sciamanica e naturale mistero.