Zoe Pia – Shardana

Zoe Pia - Shardana

Caligola Records – Caligola 2218 – 2016





Zoe Pia: clarinetto, launeddas

Glauco Benedetti: basso tuba

Roberto De Nittis: pianoforte, piano elettrico, tastiere, kalimba

Sebastian Mannutza: batteria, violino






Zoe Pia è una giovane musicista sarda, trapiantata in Veneto, e Shardana è la sua prima incisione. Il disco nasce da una ricerca sui suoni della Sardegna e dalla loro contaminazione con un tipo di linguaggio aperto al jazz, al rock e ad altre musiche meticce. Non si tratta semplicemente di un’operazione atta a rispolverare un repertorio, ad attualizzarlo, ma di un tentativo, riuscito, di creare affreschi sonori attraverso l’incontro, il mescolamento delle voci della tradizione con quelle della contemporaneità. La clarinettista si serve anche delle launeddas, tipico strumento autoctono di canna, per verniciare di antico l’incipit dei suoi brani. Si transita, però, senza scossoni dal passato al futuro in un album denso di ritorni indietro e di repentine proiezioni in avanti.


Si comincia con il brano eponimo, mosso, vivace, danzante, con un inizio solare di impronta folk e il prosieguo marcato da un impeto prog, in un’alternanza vivace di tinte e di umori.


In S’accabadora si ascolta una ninna nanna lamentosa in lingua sarda. Dal momento etnico ci si dirige, poi, verso atmosfere funkeggianti in un unicum stilistico assai composito.


S. Maria Carcaxia è riservata a frammenti di registrazione di una festa religiosa, dove si fanno avanti, via via, la fisarmonica, la banda di paese, le litanie dei fedeli e a cui non si aggregano, per una volta, gli elementi del quartetto. Tutto rimane contenuto all’interno del rito sacro e popolare e dei suoi protagonisti.


In Sa dom’e S’Orcu, Tumbas de is Gigantes si apprezza il contrasto timbrico fra il basso tuba profondo di Glauco Benedetti e le evoluzioni aeree del clarinetto, mentre il gruppo, dietro, sposta l’asse stilistico su un jazz elettrico robusto, punteggiato dal Fender rhodes di De Nittis.


È solenne e l’incipit di Abb’Ardente in Donniasantu, quindi la tuba sparge note multiple e accompagna un complessivo crescendo dinamico, sottolineato dal fraseggio insinuante delle launedddas, usate con sensibilità moderna dall’artista di Mogoro.


Ancora cantabilità e danzabilità in Camineras, pure se qui a un certo punto si cambia registro e dalle atmosfere da ballo sull’aia si passa ad un rock carico di energia. Il pezzo è un omaggio ad Andrea Parodi, voce storica dei Tazenda.


Un coro isolano colto in azione durante una cerimonia legata al culto occupa per intero la traccia seguente, Is Coggiu e costituisce un momento di riflessione, di ripensamento. A volte la proposta sic et simpliciter di una registrazione effettuata sul posto può bastare da sola a rendere un’idea senza la necessità di ulteriori rivisitazioni.


È su tempo moderato Domus de Janas su forru de Luxia Arrabiosa ed è segnata da una melodia malinconica esposta dal clarinetto. È quasi una ballad, inquadrata, però, sempre in questa operazione culturale di scavo e di riappropriazione della cultura di origine da parte della giovane musicista.


Si chiude in gloria con Ballendi su ballu, dove ritroviamo un tema che entra ed esce, si presenta e si ripete, mentre il ritmo tende a salire fino a diventare ossessivo.


Zoe Pia, in sintesi, si affaccia alla ribalta del jazz e della musica improvvisata con un album ricco di felici intuizioni, di piacevole ascolto, ben strutturato e personale, aiutata da un gruppo coinvolto in pieno ed entusiasticamente nel progetto Shardana.