Eclipse: l’incontro tra luce e ombra nella musica di Chiara Civello

Foto: la copertina del disco










Eclipse: l’incontro tra luce e ombra nella musica di Chiara Civello


Jazz Convention: Partiamo dal titolo Eclipse: è forse un riferimento al film omonimo del regista Michelangelo Antonioni visto che nell’album ci sono diverse cover ispirate al cinema?


Chiara Civello: Si, il titolo Eclipse da’ il senso di tutto l’album, sia per il riferimento spassionato ad Antonioni che per l’eclissi nel suo significato letterale: un incontro tra luce e ombra che compongono il nostro essere, la nostra vita, il nostro film.



JC: Come è avvenuto l’incontro con Marc Collin dei Nouvelle Vague?


CC: Ho incontrato Marc a Parigi nell’estate del 2015 quando ho aperto il concerto di Caetano Veloso e Gilberto Gil al Grand Palais. Avevo chiesto il suo numero ad amici in comune e siamo andati a pranzo insieme.



JC: L’album possiede un mood disteso e divertito, sembra giocare, oltre che con le sonorità brasiliane, anche con un sound che si rifà agli anni 70. Come mai questa scelta?


CC: Dopo aver ascoltato insieme tanta musica ed alcune delle canzoni che avevo scritto Marc ha detto una frase che mi è rimasta impressa, ovvero che il bello della musica moderna è che si possono fare delle scelte imprevedibili e proprio da quegli accostamenti nascono cose nuove e inaspettate. Da lì nasce l’idea di unire, al sound degli organi elettrici anni 70, beat più plastici, batterie elettroniche, basso synth, musicisti d’eccezione e tanto divertissement!



JC: Le cover presenti nell’album sono brani ripresi dalle colonne sonore di grandi pellicole cinematografiche, si ha l’impressione di una splendida contaminazione dei sensi: è un album che si ascolta con gli occhi e si osserva con le orecchie, sei d’accordo?


CC: Decisamente si…



JC: Tra le varie tracce scelte c’è anche “Parole, parole” di Mina; qual è stato l’approccio interpretativo per rileggere questo grande classico? Hai avuto timore?


CC: No… e di che? Mina è Mina ed è una Dea. Chiara è Chiara ed è terrena. È una canzone del grande Gianni Ferrio e anche un ponte tra l’Italia e la Francia, ricordiamoci la versione di Dalida con Alain Delon.



JC: Quali sono le grandi voci della storia del jazz che hanno influito sulla tua formazione musicale?


CC: Nat King Cole, Julie London, Peggy Lee, Shirley Horn, Nina Simone, Etta James, Dina Washington, Carmen Mc Rae, Jimmy Scott…fermami tu!



JC: Per lavorare ai brani originali ti sei circondata di vari amici e musicisti che hanno contribuito alla stesura di alcune tracce, da Cristina Donà a Francesco Bianconi, ci parli di come è stato lavorare con loro?


CC: È stato bellissimo. Con ognuno un incontro diverso. Con Cristina ancora non ci siamo mai incontrate di persona e abbiamo scritto la mia prima canzone epistolare. Bianconi è velluto, Diego Mancino è bohémien, Antonio Di Martino è primavera, Diana Tejera è la fuerza, Pedro Sà è Mercurio e Roubinho Jacobina un rubino.



JC: Quali sono le grandi voci della storia del jazz che hanno influito sulla tua formazione musicale?


CC: Nat King Cole, Julie London, Peggy Lee, Shirley Horn, Nina Simone, Etta James, Dina Washington, Carmen McRae, Jimmy Scott…fermami tu!



JC: Quando ti sei avvicinata alla musica jazz?


CC: Molto presto, per caso. Mio padre aveva un’enciclopedia del jazz e mi incuriosivano tanto le immagini. Da lì la prima infatuazione.



JC: Come reputi il panorama jazzistico italiano attuale?


CC: Ci sono dei musicisti eccezionali ma mi piacerebbe assistere a più avventure, collaborazioni, miscugli. Ho come la sensazione che ognuno pensi solo a portare avanti il proprio piccolo mondo.



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