Al Di Meola & Band al Teatro Carlo Felice di Genova

Foto: Gentile Concessione Ufficio Stampa Giovine Orchestra Genovese www.gog.it










Al Di Meola & Band al Teatro Carlo Felice di Genova

Genova, Teatro Carlo Felice – 22.5.2017

Al Di Meola: chitarra

Peo Alfonsi: chitarra

Fausto Beccalossi: fisarmonica

Il nome di Al Di Meola attira sempre un pubblico numeroso per la fama raggiunta dal chitarrista grazie soprattutto alla sua presenza, negli anni settanta, nei Return to forever di Chick Corea e in seguito nel supertrio accanto a John Mc Laughlin e Paco De Lucia.


Così accade anche a Genova, dove il teatro risulta quasi esaurito all’entrata in scena del musicista americano a fianco dei due partners italiani, Peo Alfonsi e Fausto Beccalossi, suoi abituali collaboratori da parecchi anni. Di Meola è ben disposto e lo si capisce subito, da come gioca con un microfono non ben fissato, rendendo l’imprevisto l’oggetto di una gag basata su doppi sensi e da come si spende per introdurre e illustrare la scelta di alcuni brani, a cui tiene in particolar modo. L’esibizione procede per blocchi in successione, andando a toccare le composizioni di Astor Piazzolla, inizialmente, per passare in seguito ai Beatles di Abbey Road, ad alcuni originals, pezzi forti dello specialista della sei corde. Non può mancare qualche incursione nel sound latino, altra passione manifesta del bandleader. Il trio lavora parecchio su musica scritta, su arrangiamenti predefiniti, a cui, poi, i solisti aggiungono qualche elemento personale secondo l’estro del momento. Di Meola catalizza l’attenzione con il suo fraseggio cangiante, morbido e lirico, o nervoso e incalzante con quei passaggi rapidissimi a sdipanare una serie infinita di note, per lo stupore dei dilettanti dello strumento, ammaliati dalla strabiliante tecnica del virtuoso. Peo Alfonsi, da parte sua, asseconda le invenzioni del leader, mostrandosi sensibile e incisivo quando esce in assolo. Fausto Beccalossi, invece, punta molto sull’aspetto timbrico della fisarmonica. Il mantice caratterizza decisamente il suono complessivo del trio per la sua memoria tanguera, per il suo retaggio etno-world. Il concerto va avanti senza indulgere in momenti spettacolari fini a sé stessi o in stucchevoli virtuosismi. Di Meola preferisce lustrare a nuovo i gioielli del suo repertorio o omaggiare autori da lui amati e scavati a fondo in anni e anni di studio e riproposizione.


La serata, molto festeggiata dagli spettatori genovesi, si chiude dopo 100 minuti con alcuni bis, fra cui brilla Mediterranean sundance, solare e sofisticata come la musica di Al Di Meola, provvista spesso di complicate armonizzazioni, ma abbordabile, piacevole, mai scontata.