Stephan Meidell – Metrics

Stephan Meidell - Metrics

Hubro Music – Hubro CD / LP / DL 2574 – 2017



Stephan Meidell: chitarre, drum machine, mixer no-input, nastri, synth

Magda Mayas: piano preparato (tutte le tracce tranne Biotop)

Erlend Apneseth: Hardanger (tutte le tracce tranne Biotop)

Morten Barrikmo: clarinetti (tutte le tracce tranne Tauchgang)

Hans Knut Sveen: clavicembalo (tutte le tracce tranne Biotop)

Stefan Lindvall: violino barocco






La rinnovata concezione del barocco non è un affare effimero presso le accademie scandinave, se in tempi assai precoci da queste aree sono pervenute realtà d’assoluto rispetto quali Jakob Lindberg, il Drottningholm Baroque Ensemble o la Norsk Barokkorkester, così come le controparti (per così dire) pop-jazz ne detengono una considerazione piuttosto organica quando la incorporano tra le fonti ispirative , con l’ulteriore considerazione di quanto gli influssi della musica tradizionale ne abbiano improntato determinate filiazioni locali.


Ad esemplificazione di ciò, nell’istrumentarium di questa band sia il violino barocco che il tradizionale Hardanger sono chiamati in causa nei materiali (per quanto oggetto di un intensivo post-processing) e, quantunque tale tematica sia insistita nelle premesse, costituirebbe una dominante quanto meno limitativa, stante l’ampiezza formale e le implicazioni trans-genere prodigalmente offerte nel secondo album personale del notevole chitarrista e designer sonoro Stephan Meidell, egualmente attivo nell’interessante realtà creativa del trio Cakewalk.


Se è dunque da riconoscere l’impiego di elementi della musica antica, il motto “Techno meets Baroque” espresso nel background non sembra esplicitarsi alla lettera, e comunque non di prima riconoscibilità: se Meidell è per ispirazioni avvicinabile a confratelli quali un Christian Wallumrød, ad esempio, ne differisce fortemente per l’approccio e per le dinamiche linguistiche, qui decisamente meno letterali nella ripresa di quei comunque importanti materiali.


Le chitarre del titolare non esitano a piegarsi alla mimesi di altri cordofoni, dallo zither a vari strumenti estremo-orientali che possano (pur labilmente) richiamare, ma è certamente alle intensive scorrerie delle elettroniche e soprattutto dell’editing che si affida protagonismo, e relativamente conta l’impegno individuale degli altri strumenti acustici (a parte i citati, anche clavicembalo, piano preparato e clarinetti), non snaturati ma comunque tutti incorporati nel viscoso mélange posto in opera dal talentuoso Meidell, coinvolgente in questa sua esplorativa avventura ed abile ad affrancarsi da vincoli di genere conferendo potente libertà e forza spettacolare a non sempre prevedibili energie pulsanti.



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