Gianluigi Trovesi & Umberto Petrin – Twelve Colours and Synesthetic Cells

Gianluigi Trovesi & Umberto Petrin - Twelve Colours and Synesthetic Cells

Dodicilune Dischi – Ed363 – 2017





Gianluigi Trovesi: sax alto, clarinetti

Umberto Petrin: pianoforte







Le composizioni di Aleksandr Skrjabin sono un punto di riferimento certo nel percorso artistico di Umberto Petrin. Dopo aver inciso nel 1995 “Breaths and Whispers – Homage to Aleksandr Skrjabin” in coppia con Lee Konitz, il pianista pavese ritorna sull’autore russo scegliendo un contraltare ideale come Gianluigi Trovesi ai clarinetti e al sax alto. I due musicisti collaborano da lungo tempo in svariate situazioni, dall’Italian instabile orchestra al trio con Tiziana Ghiglioni e hanno pure pubblicato un disco in duo per l’ECM intitolato “Vaghissimo ritratto” (2007). Entrambi, poi, sono interessati a seguire gli spunti, le suggestioni che possono provenire dall’ambito colto, dalla tradizione classica, cioè, o dal repertorio popolare, inteso in senso ampio, dal folklore all’hip hop.


Il cd è strutturato in 21 brani di durata variabile dal minuto ai cinque come massimo. Sono bozzetti con una fisionomia definita, concisi ma significativi, anche se si ha l’impressione che in una eventuale versione live i tempi verrebbero decisamente aumentati. I primi cinque brani sono ispirati dichiaratamente dai preludi del compositore moscovita. Gli altri sedici pezzi sono capitoli di una suite intitolata appunto The Twelve colours e custodiscono ciascuno il nome di un colore diverso. Skriabin ipotizzava la nascita di un’arte totale, dove si potessero fondere esperienze sensoriali differenti, facendo corrispondere, ad esempio, ad ogni nota, o frase musicale una determinata tinta.


Da questi segni, impulsi “skrjabinici” si diramano le improvvisazioni di piano e ance, oscillando fra i generi con una coerenza e una disponibilità di rischiare notevoli. L’aspetto classico-contemporaneo sembra predominare. Ad una attenta analisi, però, si coglie che la pronuncia e il modo di dipanare la narrazione musicale sono tipicamente jazzistici. In alcuni tratti si percepisce, infatti, il senso del blues mascherato, magari, da una costruzione asimmetrica della miniatura, tanto per non accontentarsi delle soluzioni troppo semplici. In altre tracce si materializzano accenni allo swing prima implicito e poi esplicitato. In particolare in Summer Evening fa capolino un valzer jazzato. È ingegnosa, ancora, la trovata di inserire la declamazione di un poeta all’interno di Alba famigerata producendo un curioso effetto di pastiche in salsa rap. Ci sono, inoltre, capitoli in cui ci si aggira dalle parti di un camerismo astratto con accenti free, oppure i due procedono scrupolosi e puntuali come in un brano di musica colta scritta, quando invece stanno lavorando, almeno parzialmente, all’impronta. E Giallo è un piccolo cammeo melodico, una ventata di aria fresca in un panorama a volte scuro e denso di aprezze.


Dopo “Vaghissimo ritratto”, dedicato a varie fonti musicali di epoche diverse e contraddistinto da una certa prossimità ai punti di riferimento presi a prestito, qui Petrin e Trovesi divagano palesemente e di proposito da Skrjabin e ci raccontano tante piccole storie, esponendo, così, il loro modo di concepire la musica, profondo, aperto, orientato in molte direzioni.