Giancarlo Schiaffini. Immaginare la musica

Foto: la copertina del libro










Giancarlo Schiaffini. Immaginare la musica

Auditorium Edizioni. 2017

Giancarlo Schiaffini prosegue il suo ragionamento sulle diverse maniere di interfacciarsi con la musica e affronta, con Immaginare la musica, gli aspetti relativi alla composizione. Schiaffini indaga le motivazioni che sottendono alla composizione, passa in rassegna le ragioni, l’ispirazione e la pratica della scrittura: seguendo uno schema da indagine giornalistica (“come?”, “per chi?”, “perché?”, “perché no?”) suddivide il problema generale in un ampio spettro di questioni più puntuali e offre al lettore un’analisi laica e misurata delle varie possibilità in campo. Le frequenti citazioni – raccolte, peraltro, da autori diversi come Pierre Boulez. Alex Ross, Oliver Sacks, Alfredo Casella tra gli altri – offrono, allo stesso tempo, varietà al testo e lo spunto per approfondire i vari temi affrontati, una strada agile per rendere leggera e solida l’architettura del percorso tracciato. E, soprattutto, Schiaffini sprona il lettore a fare lo sforzo di applicare la propria creatività alla musica che ascolta: una sorta di collaborazione con il compositore, una ricerca costante e un dialogo con la memoria, le motivazioni e le influenze per costruire un pensiero musicale, quanto più possibile, autonomo.



L’autore riesce a mettere in secondo piano la propria produzione musicale e molte delle sue specifiche stilistiche. Quelle, come dire, sono scontate nel momento in cui si conosce il suo percorso oppure possono essere ininfluenti nel caso contrario. Al centro del discorso sono il piacere e la scommessa intellettuale di scuotere compositori e fruitori e “costringerli” a percorsi meno convenzionali o quanto meno più sinceri e trasparenti. Schiaffini elenca le motivazioni pratiche ed “esterne” – rispetto del linguaggio e dei generi, spirito di conquista e carriera, trasgressioni ed autocensure – e analizza come queste vengano ad incidere sul percorso creativo, come diventino “strumenti” nelle mani del compositore e come abbiano lati positivi e negativi. Se il titolo del volume porta in primo piano l’immaginazione, in realtà il testo connota in modo più articolato il concetto e sposta l’attenzione verso l’utilizzo di formule meno stantie, verso la necessità di usare la composizione come atto libero e come scelta di nuove possibilità espressive.


Il volume si chiude con un corposo saggio di Alipio Carvalho Neto in cui vengono illustrate le strategie utilizzate da Schiaffini per la scrittura e l’improvvisazione. Un excursus sulla libertà estetica adottata dal trombonista nel corso della sua attività musicale, utile a completare il ragionamento da un punto di vista “altro”. Schiaffini aveva già toccato i temi relativi all’improvvisazione in E non chiamatelo jazz e la dimensione odierna dell’ascolto in La tragicommedia dell’ascolto: la scelta di concludere il libro con un’appendice così dettagliata, permette di entrare nello specifico di alcune questioni presenti nei brani e nelle esibizioni senza ripetere i ragionamenti già compiuto nei libri precedenti.




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