Hamasyan/Henriksen/Aarset/Bang – Atmospheres

Hamasyan/Henriksen/Aarset/Bang - Atmospheres

ECM Records – ECM 2414/15 – 2016



Tigran Hamasyan: pianoforte

Arve Henriksen: tromba

Eivind Aarset: chitarra, laptop

Jan Bang: live sampling, campionature







Debutto apparente per questa aggregazione armeno-norvegese, di cui vi è almeno una recente traccia su supporto audiovisivo, risalente al Punkt Festival del 2013, ed il cui potenziale è stato valorizzato dal fondatore dell’etichetta di Monaco, che peraltro ha recentemente onorato con una concentrata sequenza di uscite l’identità e la musicalità d’Armenia.


Premesse insomma di suggestiva pertinenza nell’immergersi entro il mondo di Komitas Vardapet, spirito immanente citato soltanto nei credits autoriali e da un’austera immagine, di fatto convitato d’antica pietra, figura di peculiare carisma e autorevolezza probabilmente tanto spirituale quanto musicologica, solo recentemente onorato in forma monografica con dedicatarie uscite presso ECM.


Co-protagonista più che titolare, il pianista e filologo-sperimentatore Tigran Hamasyan ha consolidato una musicalità personale (se non una semiologia in musica) di cui ci è ormai nota l’originalità di sintesi tra una squisita sensibilità jazz (e post-fusion) e motivi e canoni della musica tradizionale armena, toccante peculiari vertici nei solo Fable e nel recentissimo An Ancient observer ma probabilmente ancor di più nel ricco e complesso Luys i Luso, grande affresco pianistico-corale e prequel soltanto in termini editoriali, essendo le due incisioni piuttosto indipendenti.


Invitando ad una riflessione riepilogativa sui profili creativi dei tre campioni nordici, al centro di indipendenti percorsi ed ormai innumerevoli realizzazioni in arte, tra essi la figura probabilmente più eclettica, e apparentemente più tracciata da segni di spiritualità, appare quella del trombettista e cantore Arve Henriksen, egualmente aperto alla mistica “naturale” e a quella più letteraria e tradizionale, come confermeranno ed argomenteranno le eterogenee militanze e partecipazioni.


Ed è tra i due che si gioca il più spiccato interventismo da “punte” solistiche, stanti da parte di Henriksen oltre al grande intuito tattico l’orientalismo anticato ricorrente nell’ibrido sound e per conto di Hamasyan l’inventiva eclettica e l’approccio d’impronta liturgica e febbrile; ugualmente importante nella configurazione delle “atmosfere” dell’anodino titolo, la cooperazione di firma appena meno personale del sampling istantaneo di Bang e delle elettroniche e corde di Aarset, partner di pertinenza quasi naturale entro un cotale progetto.


La fedeltà alla scrittura appare certo meno vincolante rispetto alle ampie prese di libertà assunte dai quattro e, con modalità espressive assai diversificate, nenie surreali e ruggenti ventate elettroacustiche si trasfigurano entro una musicalità spesso coagulativa e nebulosa, raramente toccata da spirito solare, ma ricorrentemente graziata da aeree trasparenze, pur rilevando dominante una tensione esecutiva difficilmente tacciabile d’agnosticismo, ed un’ispirata e misterica poetica su cui alita un Ethos formale ed una Pietas vigorosa e mai soltanto contemplativa.