Il clarinetto magico di Paolo Tomelleri

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Il clarinetto magico di Paolo Tomelleri

Milano, Caffé Doria Jazz Club – 31.5.2018

Paolo Tomelleri: clarinetto

Sofia Tomelleri: sax alto

Fabrizio Bernasconi: pianoforte

Marco Mistrangelo: contrabbasso

Tony Arco: batteria

Sala gremita e pubblico entusiasta. Paolo Tomelleri e i suoi musicisti hanno raccolto un grande successo al Caffé Doria Jazz Club di Milano. Ha ottanta anni ma non li dimostra: il suo clarinetto ha un suono sempre aggressivo, forte, sicuro. Si muove con disinvoltura, veste casual e, nell’annunciare i pezzi al microfono, ama scherzare con il pubblico – e la battuta non gli manca… – ed è un musicologo attento che conosce tutti gli aneddoti del periodo dello swing e non solo. Da sempre, ripercorre la storia e i protagonisti del jazz con un piglio filologico: nel 2017, per SettembreMito a Milano aveva reso omaggio a Duke Ellington unendo alla sua formazione la cantante Irene Natale.


Il concerto del Doria è dedicato a Charlie Parker e ai boppers. Tomelleri passa con estrema naturalezza dal Dixieland e dallo swing al bop. Un fatto che non è del tutto scontato e non è riuscito, ad esempio, a molti grandi musicisti della storia. Il pubblico si è divertito a riconoscere i vari temi del periodo bop come Well You needn’t, Flamingo e East of the Sun, West of the moon o Walked ma anche standard come Skylark o Limehouse Blues. In quasi tutti i brani, Tomelleri staccava il tempo e si tuffava subito nei temi per iniziare poi le sue variazioni sempre molto estrose e personali, seguito con maestria da tutti gli altri. Una sorpresa gradita è stata la presenza di Sofia Tomelleri, nipote del Maestro: molto attenta al registro medio-alto, il suono del suo sassofono è acuto, ricorda in qualche modo Lee Konitz e, soprattutto, denota padronanza dello strumento e conoscenza del repertorio. Ne sentiremo sicuramente parlare nei prossimi. Tutto il gruppo, naturalmente è stato all’altezza della situazione: il tocco ispirato e cristallino di Fabrizio Bernasconi, la solida ed esuberante ritmica formata da due musicisti esperti come Marco Mistrangelo e Tony Arco, un motore trascinante per il gruppo.



Al termine del concerto, abbiamo avvicinato Paolo e Sofia Tomelleri e scambiato due chiacchiere con loro.



Jazz Convention: Ti sei avvicinato al jazz appena hai iniziato a suonare…


Paolo Tomelleri: Subito dopo la guerra, anche se non sapevo di cosa si trattasse, mi piaceva questa musica. Sono state le radio degli Alleati a farmi conoscere il jazz con le trasmissioni che venivano irradiate dalle città già liberate.



JC: Immagino che uno dei primi a conquistarti sia stato Benny Goodman…


PT: Non saprei, più che altro la musica swing, le canzoni dell’orchestra di Glenn Miller.



JC: In quegli anni, ti sei mosso tra la scena jazz e la canzone d’autore…


PT: Il Santa Tecla era il centro di quel mondo: suonavamo con Gaber, Iannacci, Tenco ed altri… Bruno De Filippi e i Rocky Mountains erano l’orchestra storica del locale, noi eravamo degli “infiltrati”. Poi, nel 1962, ho seguito Bruno De Filippi quando ha messo in piedi la sua orchestra. Poi ho collaborato con Lino Patruno e la sua Milan College Jazz Society: è stata di sicuro la parte più jazzistica di quel periodo. Contemporaneamente suonavo con gruppi di musica leggera, negli spettacoli della RAI. Con Lino Patruno, abbiamo suonato con tanti solisti statunitensi come Joe Venuti, Bud Freeman e molti altri.



JC: Questi musicisti hanno influenzato la vostra musica o voi avevate già le idee chiare?


PT: Non so se avevamo le idee chiare, comunque ci piaceva questa musica tradizionale, il Dixieland, lo Swing, indipendenetemente dal fatto di avere conosciuto queste persone. Certo, la possibilità di avere a che fare con quei personaggi ci ha dato sicuramente la carica. È stata senz’altro una spinta in più ma non ha modificato i nostri gusti.



JC: A fine giugno sarai ad Ascona: cosa farai sul palco del festival svizzero?


PT: Il 22 giugno, ripercorreremo il repertorio del concerto dell’Orchestra di Benny Goodman alla Carnegie Hall. Poi suoneremo con la formazione con cui ci siamo esibiti qui questa sera e, infine, accompagneremo Francesco Salvi per due sere nel suo spettacolo dedicato a Louis Prima.



JC: Questa sera avete interpretato un repertorio bebop: riesci a disimpegnarti benissimo anche in questo terreno… Ad esempio, all’epoca, Benny Goodman non riuscì a trovare sintonia con il “nuovo suono”…


PT: Ti ringrazio, mi diverto a spaziare su generi musicali diversi dal Dixieland e New Orleans. Se tu mi dici che la cosa è accettabile, mi fa molto piacere.



JC: Insieme a Paolo Tomelleri, nella formazione era presente anche sua nipote Sofia sul palco e ci ha raggiunti qui a parlare del concerto. Il tuo suono mi ricorda molto Lee Konitz, Paul Desmond, le sonorità del jazz californiano…


Sofia Tomelleri: Suono il sax da dieci anni. Quando suono, sento il mio stile molto più aggressivo, rispetto a quello che arriva all’esterno: naturalmente quando suono, penso al mio modo di esprimermi, più che ai riferimenti musicali.



JC: Prendere il testimone da tuo nonno, è una sfida importante…


ST: Beh si, me ne sono resa conto immediatamente non appena sono tornata a Milano dai miei studi al Conservatorio di Jazz di Monaco di Baviera e poi ho fatto l’Erasmus in Francia. Spero presto di potermi dedicare anche ad un progetto a mio nome, con delle composizioni scritte da me…



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