Il romanticismo di Mehldau e la ricerca di Braxton

Foto: Luca Labrini










Il romanticismo di Mehldau e la ricerca di Braxton


Brad Mehldau Trio | 12 maggio 2018

Anthony Braxton Zim Sextet | 26 maggio 2018

A distanza di neanche due mesi, il pianista americano Brad Mehldau ritorna all’Auditorium Parco della Musica di Roma con un ennesimo pienone. Dopo aver omaggiato e reinterpretato lo stile compositivo di Johann Sebastian Bach in un meraviglioso concerto in piano solo lo scorso marzo, il prolifico musicista è stavolta accompagnato dalla sua fedele e rodata ritmica per la presentazione del suo ultimo lavoro in trio, quel Seymour Reads the Constitution uscito soltanto qualche giorno prima per la Nonesuch Records.


I tre aprono il concerto romano con Ode, brano originale del pianista scritto una decina di anni prima, per poi passare repentinamente ai nuovi pezzi che compongono l’ultima fatica discografica, perfetto alternarsi di rivisitazioni e composizioni inedite. Ed è già dalla successiva traccia che dà il titolo all’album, scritta nel 2014 in cui il pianista sognava l’attore, poco prima della sua tragica morte avvenuta qualche settimana dopo, leggere per lui la Costituzione americana, che i tre presentano le melanconiche atmosfere che faranno da filo comune a tutti i brani in scaletta. È un Mehldau però decisamente meno cervellotico e contorto di altre volte, diventando via via sempre più romantico con il passare dei minuti: con una suggestiva versione di And I Love Her, scritta dalla coppia Lennon McCartney, i tre immergono il caldo pubblico nelle melodie sentimentali e familiari dei Beatles, si sciolgono e si divertono nella più ritmata Green M&Ms, scritta da un Ballard che finalmente può liberare la sua vitalità contraccambiato da vere ovazioni della platea, riprendendo la via più poetica nel finale, in cui i tre concedono ben tre incantevoli bis ad una sala Sinopoli che non vorrebbe più farli scendere dal palco. Un interplay davvero finissimo, e frutto di una collaborazione ormai decennale, è il vero punto di forza, con il bassista Larry Grenadier che conferma ancora una volta tutta la sua infinita classe, di un trio che non regala grosse novità da un punto di vista compositivo, ma che attraverso un costante dialogo elegante e raffinato riesce a prendere sempre nuove direzioni e creare nuovi spunti da sviluppare, in una musica che rimane affascinante ed estremante seduttiva.


Dopo anni di assenza fa ritorno nella capitale il polistrumentista e compositore Anthony Braxton, questa volta in tournée con il suo Zim Sextet, un anomalo sestetto completato da Taylor Ho Bynum alla cornetta, Adam Matlock alla fisarmonica, Dan Peck alla tuba e ben due arpe suonate da Jacqueline Kerrod e Miriam Overlach. Formazione e orario insolito, con l’inizio fissato per le sei del pomeriggio, che non ha comunque scoraggiato un discreto numero di appassionati, per nulla intimoriti dalle difficili e contorte atmosfere messe su da Braxton, uno dei massimi teorizzatori del jazz più sperimentale e libero. Una sola e lunghissima suite di circa un’ora quella proposta dai sei, con il leader che passa dal sax contralto al baritono fino al soprano alla ricerca costante di nuove strade. Una musica erudita, che racconta la complessità dei suoni e dei rumori moderni, in un terreno che ingloba quella più libera ed estemporanea insieme a quella più dotta tradizionalmente scritta. Una musica sempre in bilico tra la rigidità degli schemi pensati da Braxotn e la libera capacità espressiva e improvvisata di tutti i protagonisti, per una concezione d’insieme curata maniacalmente in ogni minimo dettaglio. Il sassofonista americano è un musicista che vuole raccogliere tutto, attratto da ogni possibile stimolo, ma dove la ricerca della totalità è perfettamente ragionata, lasciando da parte ogni possibile ammiccamento. Una esperienza unica, sicuramente complessa e ostica, che richiede particolare attenzione d’ascolto, ma che ripaga appieno e testimonia la grandezza un percorso di studi iniziato negli anni Sessanta e che ancora non sembra essersi arrestato.



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