JAZU: Jazz from Japan. Recensioni. Eri Ohno. Live at Pit Inn

JAZU: Jazz from Japan. Recensioni. Eri Ohno. Live at Pit Inn

Kia Records – POCS-1065 – 2019




Eri Ohno: voce

Mamoru Ishida: pianoforte

Yasushi Yoneki: contrabbasso

Tetsuro Kawashima: sax tenore

Shinpei Ruike: tromba

Akemi Ohta: flauto

Dairiki Hara: batteria





I musicisti esordiscono suonando le prime note di Jelly Fish Blues, un brano cadenzato su un languido 3/4, poi la cantante sale sul palco, rapida come un’apparizione. Guarda verso il pubblico ed abbozza un sorriso. Un gesto morbido della mano a mimare il movimento di una medusa, la stessa che dà il titolo al brano, ed improvvisamente ci appare come una sacerdotessa intenta a praticare un rito da celebrare per astanti in silenziosa e composta attesa. Poi la sua voce profonda e sensuale riempie l’aria e in pochi attimi gli spettatori sono prigionieri del suo incantesimo musicale.


Sono i primi minuti del DVD che accompagna l’uscita discografica del doppio album live della vocalist Eri Ohno registrato al Pit Inn, uno dei più leggendari jazz club di Tokyo. L’atmosfera è quella delle grandi occasioni e per onorarla al meglio la cantante si è circondata di alcuni dei migliori musicisti della scena giapponese, abbracciandone diverse generazioni. La Ohno e i membri della sua band si sono preparati a lungo per questa due giorni che segna la prima registrazione dal vivo di una cantante che da quasi cinquant’anni calca con successo i palcoscenici del jazz nipponico ed internazionale.


Per la Ohno, il Pit Inn rappresenta un luogo speciale per diversi motivi. Fu proprio lei, nel lontano 1980, la prima cantante ad essere ospitata in questo celeberrimo club che fino a quel momento aveva prediletto esclusivamente le performance strumentali. Il luogo in cui tutto è iniziato diventa, quindi, lo stesso in cui la Ohno sceglie ora di lasciare un impronta rilevante del suo percorso da artista, una documento sonoro che, come lei stessa scrive nelle note di copertina – testimonia quello che sono diventata oggi come cantante catturando alcune mie performance dal vivo, occasioni in cui la mia arte si manifesta al suo meglio.


La componente blues è pregnante nella musica della Ohno che riserva a questa sua spiccata attitudine gran parte del repertorio, sposandolo con la raffinatezza del jazz, ed interpretandolo con l’esperienza di chi quelle storie se le è cucite addosso nel corso degli anni. La sua voce spesso si mostra seducente, trascinandosi piacevolmente languida ma allo stesso tempo ricca di energia vitale e lucida speranza, attraverso le storie e le emozioni che il blues da sempre racconta, in brani come Love You Madly e Sharing the Night with the Blues. In questi casi si rivela imprescindibile l’apporto dell’ottimo trombettista Ruike, capace di dispensare note che sanno scavare nel fondo delle nostre anime come pochi, grazie ad una profonda sensibilità e un carisma espressivo che si traduce in intensi assolo dalla pronuncia strumentale quasi canora, connubio ideale con le declamazioni vocali della sua leader (Throw it Away).


Ma le doti della Ohno vanno oltre quelle vocali spingendosi fino alla composizione di originali come Jelly Fish Blues, We Were Meant to Be e In Time of the Silver Rain – quest’ultima si fa notare per un vigoroso assolo al tenore di Kawashima, il cui suono sa essere in egual misura poderoso e dolcemente serafico – passando per rivisitazioni di grandi classici come l’ellingtoniana Lotus Blossom, le cui liriche sono state riscritte per l’occasione in tributo ai tanti conterranei colpiti dalle recenti tragedie sismiche nipponiche.


Una voce scura e decisa, quella della Ohno, che sa regalarci brividi lungo la schiena in struggenti ballad come Lush Life e I’m Glad There is You, entrambi momenti di tenera confessione personale per la vocalist, qui evocati dalla bilanciata eleganza del pianismo di Yoshida. The Best is Yet to Come, invece, si pregia di un’arrangiamento fondato su una interessante linea di basso di Yoneki che contribuisce a scomporne l’armonia originale, mentre tira fuori una cavata che mette in risalto tutte le caratteristiche lignee del suo strumento.


Lo scat della Ohno si presenta multiforme mentre simula un assolo strumentale, onora il vocalese – come quando canta il testo che Leroy Mitchell e Skeeter Spight adattarono alla parkeriana Confirmation, seguendone le impervie curve tematiche – o improvvisa in stile “ranting” su Just in Time, laddove la vocalist allunga e piega le note al suo volere.


Ma il jazz è anche gioia di vivere ed ironia, qualità che la Ohno, da consumata intrattenitrice sfodera più volte, come quando in La La La You Are Mine, un’altro dei suoi originali, sfrutta la caratteristica scansione sillabica della lingua giapponese per costruire un brano la cui strofa si muove in levare, rivelandosi un proficuo rendez-vous tra il flauto della Ohta e la tromba di Ruike, nonchè opportunità per una giocosa interazione con il pubblico.


Un live, dunque, in cui sono numerose le occasioni di scambio tra musicisti e pubblico inframmezzate a storie in cui si riflettono gli alti e bassi della nostra vita e la molteplicità delle sue emozioni umane, le stesse che da anni la Ohno sa convogliare con maestria attraverso la sua voce.



Link di riferimento:

“Eri Ohno: Live at Pit Inn” album trailer: www.youtube.com/watch?v=ujKT95oTWo4

Eri Ohno homepage: www.e-kia.net/eriohno/Welcome.html


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