Summertime 2019

Foto: Archivio Fabio Ciminiera











Summertime 2019: i concerti estivi della Casa del Jazz e del Parco della Musica di Roma

10 luglio. Bill Frisell (Casa del Jazz)

14 luglio. Diana Krall (Parco della Musica)

15 luglio. Steve Gadd (Casa del Jazz)

19 luglio. Charles Lloyd (Casa del Jazz)

25 luglio. Paolo Fresu (Casa del Jazz)

27 luglio. Omar Sosa (Casa del Jazz)

Quella che si è appena conclusa a Roma è stata una stagione estiva particolarmente ricca di appuntamenti musicali anche per quel che riguarda il jazz, con un susseguirsi di artisti che ha fatto registrare anche un notevole afflusso con un sostanziale incremento di pubblico.


Il solo Summertime 2019, il consueto festival estivo della Casa del Jazz, ha proposto infatti un cartellone assai interessante con 31 spettacoli nei quali si sono quasi raddoppiati gli spettatori dello scorso anno, facendo segnare il record di oltre 18.000 presenze e registrando ben sei sold out.


Tante le conferme e i graditi ritorni ad iniziare da quello del chitarrista americano Bill Frisell che, a differenza di due anni fa, si è questa volta presentato in un trio completato ancora da Thomas Morgan al contrabbasso e dalla novità rappresentata da Rudy Royston alla batteria, che non stravolge ma arricchisce con qualità il consolidato duo. Partendo da Epistrophy di Theloniuous Monk, Frisell non si discosta di molto dalle sue ultime apparizioni con una lunghissima sorta di medley in cui esplora vari aspetti della musica americana in cui si possono anche riconoscere caratteristiche rock, country e blues. Una colonna sonora che continua anche nei più brevi passaggi successivi per un viaggio che attraversa il continente in uno stile unico che pone ancora una volta Frisell come uno dei chitarristi più versatili ma anche riconoscibili di tutto il panorama non soltanto jazzistico.


Chitarre protagoniste anche nella nuova formazione elettrica del sassofonista Charles Lloyd, quei Kindred Spirits che, alla fidata ritmica composta da Reuben Rogers ed Eric Harland, vede gli innesti dei talenti a sei corde di Julian Lage e Marvin Sewell a conferire un tocco ancor più blues. Una dimensione distesa e accattivante che esalta le improvvisazioni di un leader che, superati gli ottanta, ha ancora voglia di mettersi in discussione trovando nuova vitalità dai suoi più giovani compagni. È difatti un Lloyd in grande forma quello che alterna al tenore il flauto traverso e che si lascia trasportare dalle dinamiche avvincenti del gruppo, impreziosendo con i suoi interventi una musica che cresce fino a diventare quasi ballabile, apoteosi e sintesi di un jazz che parte dalle origini per fondersi con i linguaggi più moderni e psichedelici degli anni ’60 e ’70.


Ritorno confermato ancora da un tutto esaurito per il trombettista Paolo Fresu, presenza ormai fissa nelle ultime edizioni del Festival. Al duo composto con il bandoneon di Daniele di Bonaventura, quest’anno anche il prestigioso violoncello del brasiliano Jaques Morelembaum, già compagno di Fresu nel disco Alma di qualche anno fa con Omar Sosa. Ed è proprio la presenza dell’illustre ospite a spostare l’attenzione verso l’America Latina con un repertorio che comprende estratti della tradizione brasiliana, con una splendida rivisitazione di Un vestido y un amor di Caetano Veloso di cui lo stesso Morelembaum ha composto gli arrangiamenti originali, uruguaiana e cilena, con l’immancabile Te recuerdo Amanda di Victor Jara ancora scelta come bis finale. In mezzo brani originali scritti dai tre e frammenti che provengono dall’Europa di ogni tempo, dalla musica medioevale a quella operistica de La Bohème di Puccini passando per la canzone leggera italiana, per un viaggio musicale fatto di gran classe e gusto che abbatte con delicatezza ogni barriera in una strabiliante continuità.


Il maltempo non ha invece fermato fortunatamente la superband capitanata da un altro storico nome, il batterista statunitense Steve Gadd, che per l’occasione si è avvalso di alcuni musicisti che hanno suonato dagli anni ’70 con i grandi del firmamento musicale. Freschi anche di una nuova uscita discografica, la formazione, composta in tutto da cinque elementi, ha sorpreso per vivacità in una musica d’insieme che ha messo da parte i vari virtuosismi personali a favore di atmosfere che riportano indietro nel tempo. Qui in mostra ovviamente è la ritmica solida quanto incalzante, motore che spontaneamente evidenzia le doti dei vari solisti tra i quali si nota e raccoglie consensi il piano elettrico del più giovane Kevin Hays. Ma è tutto l’insieme a funzionare davvero a meraviglia in un repertorio dal sapore elettrico che non sfocia mai in una fusion esasperata e definitivamente tramontata, e che prevede un alternarsi di brani originali, a firma di tutti i protagonisti, e non, dove spicca una favolosa rivisitazione finale di Windup del Jarrett più visionario del quartetto con Garbarek.


Gran pienone anche per l’unico evento jazz in programma alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica dove fa tappa una delle superstar del panorama, la cantante e pianista canadese Diana Krall. A destar ancor più interesse i formidabili musicisti che l’hanno accompagnata, su tutti il sassofonista Joe Lovano e il chitarrista Marc Ribot. Con il primo un po’ sacrificato, ma comunque assolutamente distinguibile nei suoi pochi interventi, vero mattatore è stato il secondo, conferendo un tono più aspro e sperimentale al repertorio classico e patinato di una Krall che con il suo atteggiamento da diva cattura per sé tutte le attenzioni, anche forse oltre il dovuto. Un concerto che non regala sorprese e non emoziona, rimanendo una piacevole riproposizione dal vivo di brani che spaziano da Cole Porter a Tom Waits senza trovare tuttavia delle interpretazioni memorabili, con una Krall, più convincente alla voce che al piano, che soddisfa comunque appieno il suo pubblico.


Di tutt’altro tenore il concerto che vede protagonista la coppia cubana formata dal pianista Omar Sosa e dalla voce e violino di Yilian Canizares, affiancata dall’estro del percussionista venezuelano Gustavo Ovalles. Partendo dai brani dell’ultimo album pubblicato Aguas, i tre hanno dato vita ad una esibizione entusiasmante dove i ritmi latini hanno da subito rapito e coinvolto il numeroso pubblico presente con una rara eleganza e energia. Sosa e la Canizares si intendono a meraviglia sfidandosi in vertiginosi dialoghi fatti di note e passi di danza in un crescendo di colori grazie anche agli interventi di un poliedrico Ovalles. Una allegria contagiosa che trova proprio nella dimensione dal vivo la sua massima espressione e che meglio non poteva concludere una ottima stagione musicale sotto ogni punto di vista, a testimonianza che la qualità indubbiamente ancora paga, nella speranza di battere ogni anno nuovamente qualche record.




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