Talos Festival 2019. Il Diario del Festival

Foto: Fabio Ciminiera










Talos Festival 2019. Il Diario del Festival

Ruvo di Puglia

Domenica 8 settembre 2019


Compagnia Virgilio Sieni. Di fronte agli occhi degli altri

Or che Strana – Concerto finale studenti Master Class di Günther “Baby” Sommer e Nicola Pisani

Girodibanda di e con Cesare dell’Anna e con Antonio Castrignanò, Irene Lungo, Claudio Cavallo Giagnotti, Rachele Andrioli, Pino Ingrosso, Talla

Come di consueto, l’ultima giornata del Talos si apre con il convengo dedicato alla Banda e, nello specifico, alle questioni normative che ne regolano le attività, campagna che Pino Minafra conduce da tempo e che il festival ha raccolto in varie forme nelle sue iniziative, sia sul palco – ad esempio, con la Notte della Banda – che nelle sezioni collaterali. La novità di quest’anno è la proposta di legge regionale formulata da una rete di soggetti istituzionali, conservatori e festival consegnata proprio in occasione del convegno ad Aldo Patruno, direttore del Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio della Regione Puglia. Un momento cardine in questo percorso, dopo le chiamate a raccolta delle scorse stagioni e la progressiva sensibilizzazione operata negli anni, un momento in cui, come conclude Pino Minafra nel suo intervento, occorre essere pragmatici e coinvolgere la politica per poter andare oltre gli sforzi dei singoli soggetti.


Virgilio Sieni è uno dei principali attori della danza contemporanea e, in particolare, per quanto riguarda la danza di comunità e la capacità di trasmettere il senso del movimento e la capacità di abitare lo spazio a persone non educate in maniera professionale alla danza. “Di fronte agli occhi degli altri” è stato un momento di improvvisazione condotta con grande abilità e intensità emotiva: alcune delle persone coinvolte da Giulio De Leo nelle attività del TalosDanza, insieme a degli spettatori scelti dallo stesso Sieni tra il pubblico durante la performance, hanno interagito con il danzatore, le sue scelte coreografiche e con il filo musicale tessuto da Roberto Cecchetto. Già nella mattinata, prima del convegno, il Chiostro dei Domenicani aveva ospitato il capitolo conclusivo di En Plein Air, l’azione di danza itinerante che Giulio De Leo aveva tracciato nel corso dell’intera durata del Talos.


Sempre nel Chiostro dei Domenicani, si è tenuto il concerto finale della masterclass di Günther “Baby” Sommer e Nicola Pisani: una conduction diretta dai due musicisti che ha coinvolto un ensemble particolare per strumentazione e vario nella sua composizione, sia per quanto riguarda l’età, il grado di preparazione e l’approccio dei partecipanti. Livio Minafra presentando il concerto ha rimarcato, soprattutto, come l’ensemble riponeva il suo tratto caratteristico nella disposizione a suonare con gli altri e nella motivazione ad improvvisare con libertà mettendo da parte inibizioni e ritrosie. La possibilità di assistere alle lezioni tenuti da Sommer, nei giorni precedenti, aveva rivelato proprio l’aspetto sottolineato di Livio Minafra: il carisma e l’empatia del batterista hanno saputo trasmettere con immediata e convinta empatia i concetti e l’intervento di Nicola Pisani ha arricchito il seminario con le esperienze di conduction e musica improvvisata collettivamente del sassofonista.


La pirotecnica esplosione di suoni, colori e danze di Girodibanda ha rappresentato la festa finale del Talos di quest’anno. Cesare Dell’Anna lascia confluire tante anime musicali con additiva e abbondante ricchezza: mangiafuoco, giocolieri e, naturalmente, musicisti e cantanti ospiti continuamente sollecitati dalle “invenzioni” e dal racconto del trombettista, dalla sua intenzione di portare sul palco temi importanti – come lavoro, pace e migrazioni – insieme alla dimensione giocosa e circense. La banda, i ritmi salentini e il rapporto con le radici – esplicitato con la presenza del padre di Dell’Anna nella formazione e i numerosi tributi al lavoro di Pino Minafra culminati con l’invito a salire sul palco rivolto al trombettista – sono il punto di partenza al quale si aggiungono poi altre influenze come i ritmi mediorientali e balcanici, il jazz, la canzone e il rap: una musica che ragiona per accostamenti più che per sintesi e racconta il mondo con una “prosa” capace di mescolare livelli espressivi e argomenti, capace di scartare in maniera anche sorprendente e repentina da momenti di riflessione alla forza d’urto più pantagruelica.



Sabato 7 settembre 2019


Günther “Baby” Sommer & Fabrizio Puglisi

La notte della Banda. Pino Minafra & La Banda

L’alternanza tra pioggia e sole ha caratterizzato la terza giornata della sezione internazionale del Talos Festival. Uno sguardo al cielo, preoccupato o speranzoso a seconda dei momenti, per “assicurarsi” un tempo tutto sommato clemente con il solo concerto del duo formato da Günther “Baby” Sommer e Fabrizio Puglisi costretto a rifugiarsi al coperto.


In realtà, il Chiostro del Convento di San Domenico ha ospitato la prima parte del pomeriggio all’aperto. Sul pavimento ancora umido della pioggia caduta subito dopo mezzogiorno, si sono esibiti i danzatori che hanno partecipato all’atelier coreografico condotto da Giulia Mureddu sulle improvvisazioni di Sommer e Puglisi. Il Talos Festival ha investito nel percorso della danza e il lavoro condotto da Giulio De Leo si sta rivelando sempre di più un valore imprescindibile per la rassegna: la qualità delle proposte, lo spessore dei nomi invitati, le ricadute sociali e inclusive sul territorio, la capacità di costruire senso comunitario offrono una prospettiva particolare al festival e rispondono ad una delle caratteristiche intime del Talos, vale a dire quella di superare barriere tra generi e modalità espressive.


Uno scroscio forte di pioggia e la seconda parte del concerto di Puglisi e Sommer si è spostata all’interno. Una breve pausa utile a sistemare strumenti e pubblico nei corridoi coperti del Chiostro e i due musicisti hanno rispeso il discorso con ancora maggiore enfasi grazie alla dimensione strettamente acustica e alla vicinanza con gli spettatori che hanno circondato il “palco”. Improvvisazione, jazz – numerosi temi del repertorio di Monk – e azione scenica per un momento tanto coinvolgente da spingere il pubblico a richiamare più volte in scena i musicisti. Una macchina sonora costituita da tamburi, percussioni, pianoforte, oggetti vari – da usare sulle corde del pianoforte e da percuotere per suscitare suoni e rumori – e, infine, i corpi dei due musicisti, fondamentali nello sviluppo del discorso musicale, decisivi per garantire con la presenza e con il mettersi in gioco la dedizione totale al racconto sviluppato sul palco.


Da qualche anno, ormai, La Notte della Banda è il perno centrale del Talos Festival. Pino e Livio Minafra raccolgono in questo modo i fili di tante esperienze portate nella manifestazione: il filo che unisce tradizione e innovazione, l’apertura a generi musicali diversi, l’evoluzione di incontri artistici vissuti nel passato e nati in tempi recenti. E, come è ovvio, il tanto lavoro compiuto nei confronti della Banda come patrimonio musicale pugliese, aspetto che verrà poi affrontato nel consueto dibattito sulle problematiche relative alle Bande, alle norme che ne regolano le attività in Puglia, dibattito divenuto negli anni un riferimento per fare il punto sulla situazione.


In primo luogo, la tradizione. La Banda in Puglia ha storicamente proposto al pubblico le arei d’opera, con il canto affidato ai tantissimi suoni degli ottoni: il Maestro Michele Di Puppo ha diretto la prima parte di un concerto articolato in molte dimensioni espressive. L’esecuzione del Bolero di Ravel ha portato sul palco di Piazza Le Monache anche un’ulteriore incontro con la danza, quando le protagoniste dell’atelier coreografico condotto da Giulia Mureddu sono entrate in scena per completare il racconto della musica composta da Ravel.


Un contesto musicale resta vivo se vengono pensate e proposte nuove pagine e nuove sfide da interpretare. La seconda parte del concerto,affidata a brani diretti – e, in molti casi, composti – da Livio Minafra, Giovanni Pelliccia, Vincenzo Anselmi, Eugenia Cherkazova, Bruno Tommaso e Pino Minafra ha assolto a questo compito. Jazz, musiche del mondo, riflessi classici, il senso dell’improvvisazione e la grande tradizione italiana – in particolare nella corposa ed emozionante suite dedicata a Nino Rota diretta da Bruno Tommaso – si sono confrontati con il suono della Banda e, come è ormai tradizione al Talos, hanno offerto una visibilità notevole alle possibilità di una formazione ampia dove convergono esperienze musicali di varia natura e capace con la tavolozza variegata e cangiante dei suoi suoni e delle sue sfumature di essere versatile nell’adattarsi, nonostante la “mole”, a situazioni diverse.



Venerdì 6 settembre 2019


Eugenia Cherkazova & Livio Minafra

Migrazioni. Compagnia Menhir Danza di Giulio De Leo

Renaud Garcia-Fons & Dorantes

Jaques Morelenbaum Cello Samba Trio

Il Talos Festival ha proposto atmosfere intime, anche cameristiche in alcuni passaggi, per il secondo giorno della sezione internazionale. Formazioni ridotte dal punto di vista quantitativo alle prese con le musiche popolari, spesso con lo sguardo rivolto verso Sud.


L’incontro musicale tra Eugenia Cherkazova e Livio Minafra, rispettivamente fisarmonica e pianoforte, si misura con il folklore delle regioni dell’Est europeo e dell’Italia meridionale, mettendo in evidenza le comuni radici “elleniche” e la forza espressiva di melodie senza tempo. Su questo terreno poi si innestano richiami classici e jazzistici, sia nelle composizioni portate da Livio Minafra dedicate a Gioacchino rossini e Antonello Salis che nell’approccio strumentale di Eugenia Cherkazova. I due musicisti costruiscono un filo lieve ma sempre in equilibrio tra livelli intellettuale ed emotivo, tra leggerezza e contenuto, un filo che diventa ancora più efficace quando i due musicisti vengono raggiunti sul palco dai protagonisti di Migrazioni, coordinati da Giulio De Leo e dalla Compagnia Menhir: purezza ed emozione in una coreografia pensata da De Leo per le persone diversamente abili nell’ambito di TalosDanza.


La parte serale si apre con il duo formato da Renaud Garcia-Fons e Dorantes, un’esplorazione magica e intrigante del folklore della Spagna Meridionale, ricco di reminiscenze arabe, intarsiato dal linguaggio del jazz e arricchito dalla grande versatilità e dalle abilità tecniche dei due musicisti. I diversi ritmi del flamenco vengono rivisitati in un “passo a due” musicale, una danza di grande intensità condotta con maestria e passione da due interpreti capaci di tenere al centro del loro discorso l’impatto sentimentale della musica e il senso espressivo delle frasi che, via via, si intrecciano nel concerto.


Il Cello Samba Trio di Jaques Morelenbaum è ormai una istituzione nel panorama musica brasiliano, sia per la figura carismatica del violoncellista e per l’alto lignaggio delle sue collaborazioni, sia per la costante applicazione di due musicisti di valore come Lula Galvão alla chitarra e Rafael Barata alla batteria, sia per la qualità delle composizioni portate sul palco. Una dimensione cameristica, raffinata ed elegante, dove vengono alla luce altre sfaccettature di brani che abbiamo ascoltato in moltissime versioni – come, ad esempio, Brigas nunca mais, Coracao Vagabundo, Insensatez, Vai passar di Chico Buarque – e dove si rivelano anche pagine meno frequentate del repertorio brasiliano. La scelta del trio senza cantante è ambiziosa proprio in questo senso: il rischio di non veicolare le emozioni attraverso le parole rende possibile un gioco più arduo ma utile per mettere in risalto le sfumature che corrono sotto traccia nei brani, le possibilità espressive meno facili da esaltare. La delicatezza del suono offre, infine, ai tre interpreti la possibilità di giocare tra sottrazioni e aggiunte e ricalibrare così ogni volta l’equilibrio sicuro della performance, condotta con una miscela tutta particolare di approccio classico e vivida tensione emotiva.



Giovedì 5 settembre 2019

Aterraterr. Pino Basile & Giuseppe Doronzo

Genesi [Progetto e coreografia di Giulio De Leo (Compagnia Menhir Danza)]

Günther “Baby” Sommer (percussioni solo)

Orchestra di Piazza Vittorio


Danza, suoni della terra, avanguardie storiche e contaminazioni. La prima giornata della sezione internazionale del Talos Festival 2019 ha reso esplicite le coordinate della sua parabola artistica, del progetto che prosegue coerente nel corso di questi ultimi anni.


La rielaborazione degli strumenti della tradizione – ocarine e percussioni – compiuta da Pino Basile e Giuseppe Doronzo attraversa i generi e suggerisce un equilibrio possibile tra ancestrale e moderno. I due musicisti utilizzano strumenti “precari” come li definisce lo stesso Basile, nati cioè dall’artigianato antico e “manipolati” in maniera acustica e altrettanto artigianale, e costruiscono un contenitore sonoro capace di accogliere i retaggi più radicati e le forme dell’improvvisazione libera. Un contenitore dove gli incastri timbrici si muovono secondo traiettorie trasversali e l’intreccio delle melodie dei fiati e delle percussioni intonate crea i presupposti per un gioco di frasi sempre fluido e intrigante. Sul loro dialogo musicale, si è innestato poi Genesi, la coreografia affidata da Giulio De Leo della Compagnia Menhir Danza ad Erika Guastamacchia e Antonio Savoia.


Dopo il primo brano, Günther “Baby” Sommer si avvicina al bordo del palco e saluta il pubblico mostrando la T-shirt del Talos del 1994: con poche parole, in italiano, riesce a stabilire un contatto diretto con il pubblico e con la storia del festival, una connessione stretta tra le motivazioni della rassegna e della sua ricerca. Il batterista è uno dei patriarchi dell’improvvisazione radicale europea: la forma smagliante con cui ha affrontato il concerto ruvese racconta di una presenza artistica e musicale del tutto intatta e propositiva. La sua performance in solo parte dalle fondamenta del jazz, con gli omaggi a Max Roach e Philly Joe Jones, passa per il ricordo del precedente passaggio al Talos, con la ripresa di un brano (Stelline a Ruvo di Puglia) eseguito all’epoca, e si colora con i suoni delle tante percussioni, della voce e dell’inventiva di un improvvisatore attento a tutto quello che il momento regala in termini di emozioni, riflessi, empatia e suggestioni. Swing e potenza, esplosioni inattese e armonici eterei: campane, oggetti, spazzole, bacchette, tamburi e piatti si intrecciano ai movimenti e alle espressioni del batterista in una performance musicale in grado di tenere sempre presente la “coreografia” e il senso del racconto.


Generi musicali, voci, lingue e riferimenti si fondono in modo ancora più connesso e vitale nel concerto dell’Orchestra di Piazza Vittorio. La storia della formazione è un esempio palese, fertile, vitale del fatto che la musica possa rappresentare un terreno comune per dialogare e confrontarsi. Un concerto trascinante, ricco di ritmi e accenti, un percorso che sintetizza in maniera naturale suoni di luoghi diversi, musiche pensate e vissute con approccio differente per quanto riguarda gli aspetti sociali, relazionali, intimi e sacri. E se alla fine del concerto prevale il senso di festa – con l’Orchestra richiamata tre volte sul palco per continuare a suonare – e le note di Caravan Petrol risuonano perfette in un contesto, sfaccettato e plurale come questo, il pensiero corre senza troppe mediazioni alla dimensione accogliente della musica, alla capacità unica della musica di trasportare storie personali in canzoni e di vestire queste ultime con abiti del tutto diversi da quelli originali, concepiti con tutta un’altra visione e, soprattutto, in grado di comunicare con gli ascoltatori.



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