Brad Mehldau Trio e Art Ensemble of Chicago al Parco della Musica di Roma

Foto: Luca Labrini











Brad Mehldau Trio e Art Ensemble of Chicago al Parco della Musica di Roma

Brad Mehldau Trio – 3.10.2019
Art Ensemble of Chicago – 4.10.2019
Roma, Auditorium Parco della Musica



Una due giorni di concerti davvero attesi ed interessanti apre il cartellone jazzistico di ottobre dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Il tre ottobre è di scena il celebrato trio guidato da Brad Mehldau, pianista particolarmente amato da noi, e completato da quasi vent’anni dai fedeli Larry Grenadier al contrabbasso e Jeff Ballard alla batteria. I tre iniziano alternando brani vecchi, nuovi e inediti ancora senza titolo, a firma di ogni componente: dopo un avvio piuttosto freddo e distaccato, un omaggio a Hank Mobley riscalda una musica che con una bella versione di Besame Mucho acquisisce anche un romanticismo che rimarrà per tutto il prosieguo del concerto. Mehldau e soci suonano come sempre divinamente bene, si conoscono alla perfezione e ormai hanno sviluppato un suono che li caratterizza anche dal vivo, sia nella rilettura della classica From This Moment On a firma di Cole Porter, sia nei brani originali ripescati dall’ormai vasto repertorio, dove spicca la riflessiva Highway Rider, scritta dal pianista una decina di anni fa. I bis alla fine saranno tre di cui uno standard, Tenderly, e una conclusiva versione di Hey Joe di Jimi Hendrix che chiude il concerto di uno dei trii più acclamanti in circolazione ma che, pur rimanendo sempre qualitativamente ineccepibile, non riesce mai a toccare l’anima ed emozionare fino in fondo.


Il giorno seguente è la volta della storica formazione degli Art Ensemble of Chicago. Nonostante sia stata inevitabilmente rivoluzionata nei suoi effettivi per la scomparsa negli anni dei tre quinti degli elementi originali, con i soli Roscoe Mitchell ai sassofoni e Don Moye alla batteria a guidare una band adesso allargata a ben otto musicisti, il ritorno di questo ensemble è comunque sempre un evento che finalmente raccoglie anche un meritato numero di spettatori, considerata anche la complessità della musica proposta. Fiducia ripagata alla grande, con gli otto protagonisti che hanno saputo raccogliere il messaggio e portare avanti quella che era l’idea di fondo, attualizzandola e rimodellandola sulla propria pelle. La prima parte si concentra sulle radici e sui ritmi africani, l’origine di tutta la musica nera, in quelli che appaiono come dei riti tribali collettivi. Una unica lunga suite in cui pian piano inizia ad emergere anche l’aspetto melodico, in una frenesia tipica dei giorni nostri intrisa finanche di rumorismo, e dove l’improvvisazione è sempre l’elemento cardine. Una musica collettiva di grande impatto che non concede tregua se non nel finale, quando raggiunto l’apice di libertà, a ritornare al centro è di nuovo l’elemento percussivo primordiale. A concludere, come di consueto, la dolcezza del tema di Odwalla su cui vengono presentati tutti i meritevoli protagonisti, per una formazione in cui il senso di appartenenza prevale sul protagonismo personale, e che ha il pregio di portare avanti oggi con orgoglio e dedizione lo spirito libero e il senso per cui sono nati e diventati fondamentali gli Art Ensemble of Chicago.




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