Pith – Pith

Pith - Pith

Orangehome Records – 2022






Andrea Bazzicalupo: chitarra elettrica

Jean Marc Baccarini: sassofoni

Michele Anelli: contrabbasso

Lorenzo Capello: batteria






“Pith” è il nome del gruppo e anche il titolo dell’album di debutto di un agguerrito quartetto italo-francese. Alla chitarra compare il giovane sanremese Andrea Bazzicalupo, stimato in un ambito galleggiante ai confini fra il jazz e il noise. Alla batteria siede Lorenzo Capello, di Riva Trigoso, anche lui incline alle divagazioni fra i vari generi, dal pop al rock, non dimenticando la didattica. Al contrabbasso figura il torinese Michele Anelli, da anni sulla scena, dotato di una visione della musica a 360 gradi, dalla canzone d’autore impegnata socialmente al jazz d’avanguardia, e chi ne ha più ne metta… I sassofoni sono di pertinenza di Jean Marc Baccarini, uno dei nomi di punta dell’improvvisazione del sud della Francia, quotato anche come docente di strumento ad ancia.


Il cd propone una musica piuttosto ruvida, ispida e selvatica, governata, però, da un controllo attento dei quattro sulla materia modellata ed eventualmente trasfigurata. Non si procede a tastoni, cioè, senza seguire una bussola, un’idea organizzativa predeterminata, concedendo, però, campo alle invenzioni dei singoli che estendono, o flettono le linee tematiche messe in gioco collettivamente.


Nelle dieci tracce si ascolta un jazz formalmente libero, solcato dalle bordate e dai suoni distorti, trattenuti ad arte, della chitarra di Bazzicalupo, capace di creare o di stemperare la tensione quando occorre.


Anelli e Capello realizzano, da parte loro, una base ritmica estremamente frastagliata, con un accompagnamento fantasioso e concreto, trascinando la front line sulle asperità del free bop, o dipingendo sfondi mossi e sfrangiati, nei brani a tempo meno concitato, molto aderenti al clima prodotto da chitarra e sassofoni. Baccarini entra zigzagando nelle trame create dai partners, esponendo, con i suoi sax, un fraseggio stretto e nervoso, decisamente penetrante, facendo uso di un linguaggio debitore del senso geometrico di Tim Berne, o, andando più indietro nel tempo, delle evoluzioni solistiche sintatticamente avanzate di Julius Hemphill.


“Pith”, in conclusione, è un bel biglietto da visita per una formazione nata nel 2019 e che solo ora esce allo scoperto con un disco che fotografa adeguatamente il tipo di percorso intrapreso per elaborare un jazz composto e scomposto allo stesso tempo. Vale a dire una musica con un’impronta strutturale di base e un andamento destabilizzante nel suo fluire.




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