Castroreale Jazz Festival 2023

Castroreale – 27.7/5.8.2023
Foto: Vincenzo Fugaldi

Ventitreesima edizione per il festival del messinese, organizzato dalla Proloco “Artemisia” e diretto da Pompeo Benincasa di Catania Jazz. Chi scrive ne ha seguito alcuni concerti, dal 28 al 30 luglio.

“Fera” è il titolo del recente disco del quartetto della flautista pugliese Mariasole De Pascali, con Adolfo La Volpe alla chitarra elettrica, Giorgio Distante alla tromba e alla tuba e Lucio Miele alla batteria e al vibrafono. Come ha ricordato la leader, Fera sta a indicare la fiera, la bestia feroce, e il titolo è frutto delle sue interessanti passioni artistiche che si distaccano dai consueti canoni artistici, e vanno dai film di Kim Ki-duk e Lars von Trier ai romanzi di Ágota Kristóf e di Giorgio Manganelli. Passioni che forniscono una chiara chiave di lettura del lavoro musicale di De Pascali che, in questo quartetto, trova una sintesi espressiva fra la sua profonda attitudine all’improvvisazione (emblematico il brano per solo flauto che dà titolo al disco, basato su un grande lavoro di respirazione circolare e di armonici), maturata nei suoi studi e anche al fianco di grandi strumentisti come Marco Colonna, e le diverse personalità dei partner. La Volpe, che ricopre anche il ruolo del basso, è uno strumentista attento ed essenziale, Distante condivide con grande sicurezza l’onere solistico sia con la tromba sia con la tuba, e Miele si rivela percussionista fantasioso e duttile, pronto a sottolineare le differenti sfumature delle composizioni con il suo drum set ricco e fantasioso, e scansioni ritmiche mai ovvie. Composizioni peraltro non semplici né consolatorie, ricche di sfumature e suggestive, giocate su una contemporaneità che richiede un ascolto concentrato e consapevole, e vanno ben al di là del mainstream, talvolta coniugandosi creativamente con certo minimalismo. Un gruppo che si colloca di buon diritto fra le migliori espressioni del jazz europeo odierno.

“Eternal Love” è il quintetto che Roberto Ottaviano ha fondato da circa cinque anni, con Marco Colonna al clarinetto basso, Giovanni Maier al contrabbasso, Zeno De Rossi alla batteria e al pianoforte Alexander Hawkins o Giorgio Pacorig. A Castroreale, saltata la presenza di Hawkins a causa della problematica situazione dei voli aerei in Sicilia, questi è stato rimpiazzato dal giovane vibrafonista Michele Sannelli che Ottaviano aveva già avuto modo di testare felicemente in altri suoi progetti. Dunque formazione inedita per il quintetto che, va ricordato, è uno dei migliori gruppi della scena italiana. Il vibrafonista si è assunto il non semplice compito con grande professionalità, assumendosi sostanzialmente il ruolo armonico del pianoforte ma con spazio anche per degli assolo. Punti di forza del combo sono l’intreccio dei fiati, sax soprano e clarinetto basso, complici e dai registri complementari, l’agile e funzionale ritmica, e le felicissime scelte di repertorio e i relativi arrangiamenti: nella serata hanno eseguito, tra l’altro, il cherriano Mopti, introdotto da un assolo hadeniano di Maier, la splendida ballad di Krzysztof Komeda Rosemary’s Baby Lullaby dalla colonna sonora del capolavoro di Roman Polanski, What it Is di Mal Waldron (con il quale Ottaviano ha inciso in duo nel 1996), la friselliana Strange Meeting, e il richiestissimo bis sulle note della Chairman Mao di Charlie Haden. Ottaviano e Colonna, la mattina seguente, hanno eseguito due soli all’interno dell’auditorium cittadino: il primo, oltre che al soprano, sorprendentemente anche in un brano per sola voce, a cappella, estremamente suggestivo per l’uso delle modulazioni che a tratti ricordavano Demetrio Stratos, facendo anche uso di armonici, il secondo che nella dimensione solitaria esplora in profondità le possibilità sonore offerte dal clarinetto basso, utilizzando anche mirabilmente la respirazione circolare, e confermandosi il maggior specialista italiano dello strumento. Finale in duo, un fecondo incrocio di timbri e registri differenti.

Il quintetto del trombettista e flicornista Alessandro Presti (Daniele Tittarelli all’alto, Alessandro Lanzoni al pianoforte; Gabriele Evangelista al contrabbasso e Enrico Morello alla batteria), si colloca sulla linea di un mainstream contemporaneo, valido e convincente, come dimostrato già dal disco «Intermezzo». Vincitore del Top Jazz in Italy 2022 nella categoria nuovi talenti a pari merito con Mariasole De Pascali esibitasi a Castroreale qualche sera prima, Presti guida con sicurezza un quintetto solido e affiatato, felicemente interattivo, con un buon lavoro dei fiati e della ritmica. Il suono e il fraseggio maturi sia alla tromba sia al flicorno ne fanno uno dei maggiori trombettisti italiani di oggi. La ritmica, va ribadito, è formidabile sia sui brani veloci che su quelli lenti (tutti musicisti di altissima qualità, apprezzati e richiesti), e Tittarelli all’alto è stato davvero incisivo. Il gruppo ha alternato a composizioni originali una superba versione di una ballad come What’s New e We See di Monk.

La sera successiva due gruppi. Dapprima, il quartetto del chitarrista Carmelo Venuto che ha presentato il suo primo recentissimo disco, “Orizzonte”, con Rosario Di Leo al pianoforte, Riccardo Grosso al contrabbasso, Giuseppe Tringali alla batteria. Quartetto abbastanza coeso, con spazio per l’interessante pianista, ritmica corretta, stile chitarristico nel solco della tradizione. Ma la serata si è conclusa con un vero e proprio evento, dovuto alla genialità del direttore artistico: l’incontro fra il pianista di origini ucraine Ruslan Sirota – nella foto, nato in Ucraina, cresciuto in Israele, successivamente ha studiato al Berklee College of Music, componente della Stanley Clarke Band e oggi attivo a Los Angeles – e la cantante siciliana Daniela Spalletta (classificatasi al secondo posto nella “Sarah Vaughan International Jazz Vocal Competition”, dietro Samara Joy), insieme a un’ottima ritmica israeliana (Gilad Abro al contrabbasso e Aviv Cohen alla batteria). Il travolgente scat della cantante, la sua assoluta padronanza della materia musicale si sono integrati perfettamente con lo stile pianistico di Sirota, in un gioco sottile di ritmi festosi, ricche armonizzazioni, all’insegna di una carica gioiosa chiaramente percepibile. Spalletta si è inserita nei tre brani iniziali, composti dal pianista, per uno dei quali ha scritto un testo in italiano, e nei tre brani finali, composti da lei stessa (tra i quali il capolavoro Yasam, dal testo in lingua turca e una davisiana All Blues da antologia), confermandosi come la più interessante voce jazz italiana di oggi. Di Sirota non si potrebbe dire di meglio, validissimo anche come compositore, con brani che catturano l’attenzione, melodici, delicati, freschi e vitali. Forte personalità, ricco di premi e riconoscimenti, due dischi all’attivo da leader, Sirota è un artista di cui certamente sentiremo parlare sempre più spesso.

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