Enrico Rava Fearless Five @ Open Papyrus Jazz Festival

Open Papyrus Jazz Festival, Ivrea – 7.9.2024

Enrico Rava: tromba, flicorno
Francesco Diodati: chitarra
Matteo Paggi: trombone
Francesco Ponticelli: contrabbasso
Evita Polidoro: batteria 

Foto: Archivio Fabio Ciminiera

Il Papyrus jazz festival di Ivrea, voluto e cocciutamente portato avanti da Massimo Barbiero, sembra non sentire il passare degli anni, sono oltre 40, ciò nonostante le, purtroppo consuete, difficoltà nel riuscire a realizzare una iniziativa culturale di questo livello oggi in Italia.

Quest’anno possiamo darvi conto solo della serata di un altro “grande vecchio”. Enrico Rava ad ottantacinque anni, portati meravigliosamente bene, rimane tra i musicisti più, celebrati e apprezzati da pubblico e critica non solo europei. Sono pochissimi i musicisti che hanno saputo mantenere altrettanta curiosità e voglia di rimettersi in gioco; se l’uomo Rava pare dare umanissimi segni di stanchezza, la sua musica rimane fresca, energetica e vitale. Ciò è possibile per la scelta, oculatissima, di quattro ottimi giovani (e meno giovani) musicisti. Emerge la presenza del fidato Francesco Diodati, da circa un decennio pedina insostituibile delle formazioni e dell’idea stessa di musica elaborata da Rava. La sorpresa più fragrante, inaspettata, rimane quella della giovane batterista Evita Polidoro,riguardo la quale così si esprime Enrico Bettinello: «Credo che Evita Polidoro rappresenti oggi una forza davvero innovativa e indispensabile per il mondo del jazz italiano.» Il suo drumming possente, aggiornatissimo, sintesi di stilemi attuali quanto diversi fanno la differenza rispetto ad altre precedenti formazioni simili; il suo canto a chiudere apre lo sguardo verso altre prospettive. Il concerto è mirabilmente costruito e condotto con il focus costante sul leader, è lui l’unico che si esibisce in assolo in tutti i brani così come sue sono tutte le composizioni. Ampi spazi solistici al trombone del bravissimo Matteo Paggi, pure lui, come la Polidoro, recente scoperta e frutto dei seminari di Siena Jazz. La musica, oggi più che mai, lontana da ogni clichè jazzistico, compresi quelli della stagione free, è una ricapitolazione di ampia sintesi delle diverse tappe di una carriera folgorante, svoltasi in due continenti e tramite innumerevoli collaborazioni con alcuni dei più importanti musicisti degli ultimi 50 anni. È una sintesi poi del suo, non secondario, estro compositivo: dall’apparentemente innocuo valzerino di Lavori Casalinghi qui però introdotto con l’uso accorto di elettronica, quando la musica si accende, si spegne e riaccende per lasciare posto ad un duo batteria chitarra e solo alla fine viene esposto il semplice tema. Già il primo brano dà le coordinate di un modo di fare musica, controllato e molto più libero di quanto voglia apparire. In questo saper coniugare la propria storia musicale con la freschezza costruttiva di ogni istante, risiede oggi uno dei maggiori pregi di Rava, di Diodati e di questa formazione. L’epico, sereno Lady Orlando si chiude con un solo di batteria che porta a The Trial; qui troviamo il miglior solo di trombone dell’ottimo Matteo Paggi e forse il migliore della serata: energico e consequenziale, sporco e lirico, mentre il ritmo latino è spezzato e ripensato dalla Polidoro. Poi altri temi e alfine, forse non casualmente Le Solite Cose quasi a volerci dire, con una grande dose di autoironia:quello che conta è l’onestà intellettuale e la qualità della musica perché alla fine sono “le solite cose” che suono, da sempre.


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