Finnish Jazz. Intervista. Olavi Louhivuori

Foto: Christian Westerback










Intervista a Olavi Louhivuori


Recensione a Music Illustrated

Jazz Convention: Oddarrang, Music Illustrated. Cominciamo dal titolo del disco e dal nome della band…


Olavi Louhivuori Certo… Beh, credo che, per me, decidere il nome per un album sia una degli aspetti più difficili. Il nome mi è venuto a causa della visualità della musica che avevo scritto. E, anche molte persone con cui ho parlato, mi hanno riportato le loro sensazioni visuali, le immagini e i sentimenti “cinematografici” che la musica suscitava in loro. Il nome della band si capisce meglio se lo consideri in inglese: è la sintesi di odd (strano, ma anche dispari – n.d.t.) e arrangement (arrangiamento – n.d.t.). In realtà, molto tempo fa ho scritto un arrangiamento per un brano chiamato Oddarrang e, molto tempo dopo, ho deciso di usarlo per dare il nome al gruppo.



JC: Parliamo del suono e della line up del gruppo e della musica che hai composto per questo lavoro.


OL: L’idea di questa particolare formazione era chiara in me sin dall’inizio. Io ho suonato il violoncello quando avevo sei anni ed ho sempre amato il suono di questo strumento. Allo stesso modo sono sempre stato un amante del suono del trombone. Ho voluto creare un suono che fosse, insieme, scuro e delicato e ho pensato che questa fosse la formazione giusta. Tutti i brani presenti nel disco sono stati composti in modo preciso per questo gruppo, dato che, già prima di cominciare a comporre, avevo chiaro nella mia mente il suono che la band doveva avere. In studio, poi, abbiamo lavorato insieme per completare gli arrangiamenti e abbiamo improvvisato insieme. Ma, devo dire, è abbastanza semplice comporre per Oddarrang. D’altronde la composizione e il suono di questo gruppo sono strettamente connessi.



JC: Quali ispirazioni sono alla base della tua ricerca musicale e della costruzione del materiale?


OL: In Oddarrang, a mio avviso, si possono ritrovare le influenze di moltissimi stili musicali differenti che ho studiato, suonato ed ascoltato. Musica classica, ambient, jazz, musica etnica, world music: amo tutti questi generi e credo di averli riportasti tutti nella musica di Oddarrang.



JC: Oddarrang, si può definire il progetto principale del tuo lavoro musicale. Quali sono le ragioni che ti hanno portato a creare questo gruppo?


OL: C’è stato un periodo in cui ho lavorato meno. Ho deciso di usare il tempo a disposizione per essere creativo e dare vita a nuovi progetti: è così che è nato Oddarrang. Quando si parla di musica, posso anche diventare molto ostinato, per cui la decisione di dar vita ad Oddarrang rispecchia anche la decisione di essere meno rigido nell’applicare la mia visione quando lavoro in altri gruppi. Mi spiego: dal momento che so di avere il mio gruppo, dove posso avere l’ultima parola, è più facile. per me, dare maggior spazio ai leaders degli altri gruppi in cui suono… per mia fortuna, i gruppi in cui suono sono molto democratici e non ho troppi problemi in questo senso.



JC: Come vivi e svolgi il ruolo di leader del gruppo?


OL: Amo moltissimo i musicisti che suonano nel mio gruppo e ho completa fiducia in loro, così non devo, effettivamente, guidare la musica più di tanto. Forse all’inizio, quando proviamo i miei nuovi brani, mi sento un po’ più sul ponte di comando, ma altrimenti, e soprattutto per quanto riguarda la musica, cerco di condurre il gruppo nel modo più democratico possibile.



JC: Tu studi e lavori sulla composizione sin dall’inizio della tua carriera musicale. Si può definire, questo, un punto focale del tuo lavoro?


OL: Ho sempre considerato la composizione un aspetto fondamentale nella ricerca di una mia voce propria, per cui lavorare alla composizione è stato, sin dall’inizio, del tutto naturale per me. In ogni caso, mi considero un batterista che compone e non un compositore che suona la batteria.



JC: Il lavoro sulla composizione ti porta a proporre la tua musica anche negli altri gruppi in cui lavori. Come ti rapporti a ciò e come reagisci quando i tuoi brani vengono suonati dal trio di Joona Toivanen o dall’Ilmiliekki Quartet?


OL: Il trio di Joona Toivanen è stata la mia prima formazione di jazz e, per questo trio, ho composto i miei primi brani. Credo che il Joona Toivanen Trio mi abbia insegnato molto per quanto riguarda la composizione e credo che sia stato il posto perfetto per discutere e provare nuove cose: eravamo ragazzini e amici di lunga data, suonavamo e provavamo moltissimo insieme… non avevamo nessun impedimento o remora nel portare un brano buono in sala prove.



JC: Tu sei cresciuto in una famiglia di musicisti e anche tuo fratello è un trombettista. Quanto ti ha influenzato quest’aspetto?


OL: Ovviamente il mio background familiare mi ha influenzato molto. Mio fratello Kalevi ha tre anni meno di me e si avvicinato al jazz qualche tempo dopo di me. Ma sta recuperando la distanza e mi spinge ad esercitarmi continuamente! Spesso suoniamo insieme, a casa nostra, e lui è un trombettista davvero veloce…



JC: Tu lavori anche in molti gruppi emergenti della nuova scena finlandese, come, ad esempio, Ilmiliekki Quartet, Joona Toivanen Trio e Olavi Trio.


OL: Sono molto felice di avere la possibilità di lavorare con molti musicisti differenti e molti delle formazioni in cui suono sono dei veri e propri gruppi. Questo è un aspetto molto importante per me: avere un gruppo che abbia una vera motivazione, una prospettiva di crescita e sviluppo per il futuro e non, semplicemente, per qualche concerto.



JC: Oltre al lavoro professionale, continui gli studi nelle Università e nelle Accademie Musicali. Come si combinano i due aspetti e come contribuiscono al tuo sviluppo come musicista?


OL: In questo momento, mi trovo al quinto anno di Accademia, perciò ho fatto la maggior parte del percorso formativo. Spesso vado in Accademia per incontrare, provare e suonare con i miei amici musicisti. La scuola ha giocato un ruolo molto importante nel creare una rete di contatti e mi ha dato l’opportunità di incontrare moltissimi musicisti in Finlandia. Ho sempre pensato che le scuole fossero fondamentali per comprendere il lavoro del musicista e, nella mia esperienza, non ho mai avuto problemi a studiare e lavorare negli stessi periodi.



JC: Puoi dirci il tuo punto di vista sulla scena jazz finlandese?


OL: Penso che la scena sia molto interessante e che ci siano molte progetti significativi che si creano in Finlandia. Ovviamente, il paese è piccolo e, di conseguenza, la scena è piccola… In questo particolare momento, cerco di allargare il mio raggio d’azione, cerco di suonare anche con musicisti di altri paesi e di entrare in contatto con persone di tutto il mondo. Questa è la mia opinione, almeno per quello che mi riguarda.