Malta Jazz Festival 2009

Foto: Therese Debono







Malta Jazz Festival

La Valletta, Ta’ Liesse Grand Harbour – 16/18 luglio 2009


Tra le diverse e possibili origini del nome Malta ce n’è una che vuole la parola derivi dall’ebraico Malet che significa: rifugio, ricovero, asilo. In effetti, data la sua strategica posizione geografica questa isola al centro del Mediterraneo è stata, durante i secoli scorsi, oggetto di approdi e conquiste da parte di quasi tutti i popoli che si affacciano su di esso, diventando crocevia di culture ed etnie che in essa sono convenute e fuse insieme.
Quale posto migliore, perciò, avrà pensato 19 anni fa il musicista e animatore culturale maltese Charles “City” Gatt, in cui far nascere un festival che trattasse di una musica che, nata circa un secolo fa dall’incontro e scambio tra culture diverse e lontane come quella africana ed americana, aveva fatto proprio di questo aspetto il suo punto di forza.
Il Malta Jazz Festival nato nel 1990, ha ospitato già dalla sua prima edizione artisti della statura di Michel Petrucciani, Chick Corea e Elvin Jones. Tale tendenza è continuata negli anni successivi invitando musicisti come Wayne Shorter, Herbie hancock, Lee Konitz, Joe Zawinul e tanti altri, entrando così, a pieno titolo, nel circuito dei grandi festival di jazz europei ed internazionali.


Il Festival di quest’anno, giunto alla sua sedicesima edizione, è stato particolarmente importante perché ha segnato il ritorno alla formula originale ideata dal fondatore Charles Gatt, che per ben 15 anni ne era stato il direttore artistico. Negli ultimi tre anni il festival aveva subito, infatti, una battuta d’arresto, in quanto finito nelle mani di enti privati, che allestendo programmazioni musicali improbabili e fin troppo contaminate da generi extrajazzistici, aveva fatto perdere a questo importante evento culturale dell’isola il suo iniziale splendore.


Il nuovo direttore artistico Sandro Zerafa, anch’esso musicista locale ma operante in diversi progetti musicali e culturali europei, è stato capace, infatti, di mettere su un’edizione del festival che sapesse tener conto della sua eredità passata attraverso una programmazione di qualità e dal carattere internazionale, e che, soprattutto, attirasse a sé sia l’appassionato che il neofita, tra cui i numerosi turisti presenti sull’isola che si riversano sull’isola in estate.


Per tre giorni, come marinai di passaggio che sostano in porto, gli artisti invitati hanno raccontato le loro proprie storie musicali al pubblico che numeroso si raccoglieva ogni sera, attento, ad ascoltare.


Ad esibirsi per primo sul palco, posto nella suggestiva cornice del Porto Grande della Valletta, è stato il pianista statunitense Brad Mehldau accompagnato dai suoi storici partner Larry Granadier al contrabbasso e Jeff ballard alla batteria.Il trio ha tirato fuori, come sempre, una musica confezionata con eleganza, misura ed inventiva. In poco più di un’ora di concerto, in cui non è mancato un momento solistico del pianista, il trio si è mosso attraverso brani originali e standards come Airegin di Rollins, Samba e Amor di Chico Buarque, e I Fall in Love Too Easily. Il pianista ha regalato in bis una sua versione di Monk’s Dream. Menzione di riguardo per Grenadier, forte, ormai, di uno stile personale, riconoscibilissimo e impeccabile; elemento fondamentale per la riuscita della musica del trio.


Cambiando completamente genere, il concerto successivo del flautista, compositore e bandleader cubano Orlando “Maraca” Valle, alla testa di un gruppo formato da 10 elementi, ha riversato sul pubblico il suo coinvolgente Afro-Cuban Jazz condito da salsa e merengue, ben arrangiato e mai banale, in cui lo stesso leader ha dato prova di indubbie capacità tecniche sul suo strumento. Una musica, la sua, dal coinvolgimento emotivo e fisico più deciso, al cui rito tutto il pubblico si è unito richiedendo più volte il bis.


Come è giusto che sia, è stato dato spazio anche ad artisti locali come il Oliver Degabriele Trio che, accompagnato dalla brava cantante Alison Galea, ha aperto la seconda serata, proponendo un repertorio di originali influenzati da british pop, rock e improvvisazione jazzistica.


Il chitarrista americano Kurt Rosenwinkel, alla guida del suo Standards Trioha proseguito con brani appartenenti al tradizionale Songbook jazzistico americano con brani come Reflections di Monk, Invitation e originali come la sua East Coast Love Affair rivisitati attraverso il suo stile chitarristico fluido e moderno.Momento clou del concerto una versione al fulmicotone di Dexterity, classico bop di Dexter Gordon, eseguito da Rosenwinkel con fraseggio implacabile.


A chiudere la serata con la sua consolidata grazia e bravura, la pianista e interprete brasiliana Eliane Elias, giunta a raccontarci le sue storie di Bossa Nova. In occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dalla nascita della Bossa Nova, l’artista originaria di Sao Paulo, ha presentato brani dal suo ultimo disco, uscito per Blue Note chiamato, appunto, Bossa Nova Stories, in cui ha rivisitato classici della tradizione brasiliana, con eleganza e classe, attraverso sottili variazioni ritmico-armoniche rispetto agli originali. Eliane Elias ha deliziato il pubblico con brani come Chega De Saudade, So Danço Samba e Desafinado, suonando, cantando e in alcuni casi, danzando come in Falsa Baiana di Geraldo Pereira. Chiusura, com’era prevedibile, con il super classico Garota De Ipanema cantata all’unisono con il pubblico.


Ancora spazio ai musicisti locali nella terza ed ultima serata del Festival con l’ottimo pianista maltese Dominic Galea, che si è cimentato nella tradizionale formula del piano trio, offrendo una elegante performance e producendosi prevalentemente attraverso il linguaggio degli standards.


A seguire, l’altosassofonista di origine portoricana Miguel Zenon ha confermato ancora una volta come il jazz sia una musica capace di rigenerarsi continuamente incorporando in sé nuove ed inedite influenze come la musica tradizionale portoricana; ingredienti fondamentali del suo recente lavoro Awake.Una performance, la sua, energica e sentita, in cui l’aspetto ritmico legato alla sua terra è stato determinante quanto il contributo pianistico di Luis Perdomo.


Finale di serata e di festival riservato al leggendario John Scofield e la sua Piety Street Band, un quartetto composto da musicisti appartenenti alla scena di New Orleans, sapientemente scelti dal leader, e con il quale ha inciso il suo ultimo lavoro proprio negli omonimi Studios.


Ancora una volta il chitarrista americano, ha spiazzato i suoi fans, virando verso un genere che, affondando le proprie radici nel Blues, che Scofield ha in passato ampiamente rivisitato, sfocia in qualcosa di più legato al soul a all’aspetto religioso: il Gospel.


I brani sono stati animati da groove e R’n’B grazie all’ottimo tastierista e cantante dalla grana ruvida Jon Cleary, un veterano del genere con tanti anni di gavetta alle spalle. Scofield è apparso in gran forma, dispensando perle chitarristiche ad un pubblico in visibilio che, alla fine del concerto si è riversato sotto il palco riservando a lui e alla sua band un tifo da stadio.


Tirando le somme si può tranquillamente affermare che il Malta Jazz Festival è tornato, e lo ha fatto alla grande, ponendo ottime basi per le edizioni future che ci auguriamo essere sempre migliori e tornando ad essere meta necessaria delle rotte musicali di chi ama la buona musica.