Angelo Castiglione: un nuovo swing per le canzoni americane

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Angelo Castiglione: un nuovo swing per le canzoni americane

Catanese di nascita e brianzolo di adozione, Angelo Castiglione si “nutre” sin da piccolo di musica swing e jazz. Alla guida della sua formazione si sta esibendo con successo sulla scena milanese e, in vista dei concerti che terrà in città nei prossimi mesi, lo invitato a fare due chiacchiere sulla sua musica e sulle sue influenze.



Jazz Convention: Comincio con una curiosità che mi viene subito spontanea… è raro trovare in Italia un uomo che canta jazz, normalmente le cantanti sono donne…


Angelo Castiglione: È una cosa che ho notato anche io girando per locali, sia quando mi hanno invitato a festival e rassegne, che quando sono andato come semplice spettatore a milanese e non solo… ho visto la presenza di numerose cantanti donne, cantanti uomini che si rifacciano alla tradizione jazzistica o come dire presentando brani swing, se ne trovano pochissimi. Sono contento di rappresentare al maschile questo settore



JC: Quali sono i cantanti italiani che ti hanno ispirato?… Penso a Ray Martino che cantava nel dopoguerra con Renato Carosone e che spesso ha suonato al Derby…


AC: Sono nato nel 1950. Per questo motivo ho potuto gustare sia i cantanti che appassionavano i nostri padri – penso a Natalino Otto, Alberto Rabagliati o Nicola Arigliano che è arrivato dopo – e che avevano subito l’influenza della musica americana, ma ho anche potuto avvicinarmi direttamente a personaggi come Fred Buscaglione o Renato Carosone che univano l’umorismo nel presentare la musica. E ancora musicisti e pianisti come Lelio Luttazzi, il Maestro Simonetta… tutti questi hanno avuto su di me una notevole presa. Per quanto riguarda gli italiani, sono anche particolarmente affezionato a Bruno Martino. Ovviamente se guardiamo ai crooner americani, ce n’è una schiera molto folta. Di quelli che mi hanno più influenzato, posso citare senz’altro Frank Sinatra, Tony Bennett e Perry Como. E poi Nat King Cole che, oltre ad essere un grandissimo cantante, era anche un fantastico pianista.



JC: A proposito della rivisitazione dello swing classico, qual è il tuo modo di reinterpretare il genere? Punti a riproporre i brani così come erano oppure cerchi una tua strada?


AC: Questi brani sono stati non solo scritti da grandissimi musicisti, come ad esempio Cole Porter o Irving Berlin, ma sono stati interpretati da interpreti di livello eccezionale che hanno segnato un’epoca con le loro qualità artistiche e canore. Quindi io, più che aggiungere, cerco invece di sottrarre: credo che non potrei aggiungere qualcosa a quello che hanno fatto queste grandi stelle. Certamente la musica è viva e rinasce tutte le volte che un artista la rielabora, con la sua personalità e con il suo stile.



JC: Ti sei avvicinato giovanissimo al jazz e alla musica di Broadway…


AC: Sembra strano e lo devo soprattutto a mio padre che era un grande appassionato di cinema e amava moltissimo i film americani. E, tra questi, non potevano mancare i musical: e questi film oltre ad avere delle fantastiche colonne sonore, vedevano la presenza di attori fantastici che, non solo erano in grado di recitare, cantavano e ballavano in maniera del tutto straordinaria. Penso a Fred Astaire, Gene Kelly, Ginger Rogers. E da quei film provengono molte delle canzoni che sono diventati standard e successi conosciuti in tutto il mondo. Tanto per dire, amo molto l’Armstrong cantante. Apprezzo le sue qualità di musicista e di trombettista, ma mi piace davvero il suo modo di cantare perché lui suona con la voce. Certo poi è inimitabile il suo timbro che rende subito riconoscibile il suo tipo di voce. Certo se poi parliamo di timbro, Frank Sinatra è “il” cantante quasi per antonomasia, tanto che è stato soprannominato The Voice. Per quanto riguarda lo scat, invece, io sono molto attento perchè c’è questa abitudine – alle volte insana – di cimentarsi nello scat come se fosse un obbligo, mentre è una pratica difficile riservata solo a chi è grado di dire qualcosa attraverso di essa. E perciò abbiamo conosciuto cantanti straordinari, bravissimi a fare altro, che non si sono cimentati con lo scat, ad esempio Frank Sinatra non lo faceva, tanto per dire… Mentre, ad esempio, se penso a Mel Tormé e al suo duetto con Buddy Rich, ecco che mi viene in mente uno scat di altissimo livello.



JC: Nel tuo gruppo ci sono diversi musicisti esperti e presenti da tempo sulle scene milanesi: ti hanno mai proposto dei brani originali da cantare?


AC: Ho avuto l’onore di collaborare con musicisti esperti come Michele Bozza, Niccolò Cattaneo e Simone Daclon. Poi ho avuto il piacere di essere accompagnato da un decano del pianoforte come Gigi Marson. Ho avuto degli strumentisti eccezionali. So che compongono ma non si è mai creata l’occasione di proporre un inedito: vedremo in seguito, è una cosa che mi piacerebbe molto. La mia formazione attuale è composta da Alberto Bonacasa, al pianoforte, dalla bellissima voce di sax di Michele Bozza e da Vittorio Sicbaldi alla batteria… per un crooner, è importantissimo il batterista e Vittorio sa avere la giusta sensibilità per dialogare con la voce. Al contrabbasso, invece, ci sono degli avvicendamenti a causa dei vari impegni: Marco Roverato, Gianluca Alberti e Raffaele Romano sono le mie sicurezze. E quest’ultimo sarà presente nelle prossime date.



JC: Nel tuo repertorio cosa troviamo?…


AC: Il periodo più felice dove andare a pescare è sicuramente quello che va dalla metà degli anni venti agli anni sessanta. Mi è più congeniale interpretare autori come Porter e Gershwin e, in generale, il mondo disegnato dai loro brani e da quelli dei loro contemporanei. Per quanto riguarda gli interpreti, cerco di dimenticare tutte le versioni che ho ascoltato per non avere l’insana tentazione di avvicinarmi a qualcuno di questi grandissimi. Siccome li ritengo irraggiungibili, non cerco nemmeno di andare verso le loro esecuzioni. Cerco di evitare di schiacciarmi sul loro modello, lo ritengo davvero irrispettoso e sconveniente. Con rispetto e attenzione, attingo anche alla bossanova e alle composizioni di un grandissimo come Antonio Carlos Jobim.



JC: Se non erro, tu agli esordi hai avuto delle esperienze nel rock e nel pop…


AC: La passione per la musica nasce sin da ragazzino come dicevo prima, però erano i tempi in cui si formavano i cosiddetti complessi: anche io ho avuto il mio complessino, con cui andavamo nei locali dove suonavamo per far ballare i ragazzi della nostra età, canzoni dei Beatles e di altri gruppi beat, ma anche pezzi di Santana o Deep Purple. Qualcosa me lo sono “portato dietro” sin da quegli anni: ad esempio proponiamo una nostra versione di “Something”, il celebre brano scritto da George Harrison. E un’altra canzone che a me piace molto riveduta in chiave jazz è “And I love her”. Ho avuto sempre la passione per ritmo e melodia: se si porta una bella melodia in un ritmo jazzistico, si ottiene sempre una combinazione vincente.



JC: A settembre suonerai qui a Milano…


AC: Si, a fine mese – il 26, per la precisione – saremo al Bonaventura Jazz Club, sui Navigli, con Michele Bozza, Alberto Bonacasa, Vittorio Sicbaldi e Raffaele Romano. È la prima volta che porto la mia formazione anche se, in realtà, in occasione di altri concerti, guidati da musicisti come Wally Allifranchini o Niccolò Cattaneo, ho avuto il piacere di essere loro ospite per qualche brano o per una jam session tutti insieme. Sono molto felice e orgoglioso di poter suonare in questo club, sarà un test molto impegnativo: avendo visto gli artisti che vengono chiamati a suonare da loro, ritengo che sia un locale molto qualificante per un artista. Ovviamente tutte le nuove date si possono ritrovare sui miei canali web, soprattutto, il mio canale youtube, dove si possono ascoltare alcune delle nostre esibizioni dal vivo. Infine, sto lavorando da tempo a un progetto, My favourite Songs, per riproporre su disco e con i miei musicisti le mie canzoni preferite, appunto, i brani composti nel periodo di cui parlavamo prima.



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