Knock Out da The Game di Jack London

Foto: Luca Trascinelli per gentile concessione Ufficio Stampa Fondazione Arturo Toscanini










Knock Out da The Game di Jack London

Parma, Auditorium del Carmine – 1.3.2018

Fabrizio Bosso: tromba

Luciano Biondini: fisarmonica

Silvio Castiglioni: testo, voce recitante

Roberto Molinelli: direttore, arrangiatore

Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna

A centodue anni dalla sua scomparsa Jack London è tuttora disdegnato dalla critica (ma Jorge Luis Borges lo amava moltissimo) e apprezzato dal pubblico. È tuttora lo scrittore nordamericano più venduto in tutto il mondo e molti suoi libri sono ancora nel catalogo di case editrici anche prestigiose. Sarebbe facile provare a stabilire collegamenti fra la sua vicenda e quella della musica jazz. La sua arte nata, letteralmente, sulla strada e quindi molto “grezza” e istintiva, risentì sempre così come la musica afro-americana, della dimensione colta quanto di quella popolare: Come una spugna assorbì tutti gli stimoli della sua epoca, lasciandosi influenzare da mille esperienze. La sua stessa vicenda umana è, in qualche maniera, simile a quella di tanti musicisti jazz (morì a quarant’anni, segnato dall’abuso di stupefacenti). Il suo pubblico vastissimo nei primi decenni del Novecento, ora certamente in diminuzione, fu clamorosamente eterogeneo (suoi estimatori, ad esempio, furono tanto Stalin quanto Hitler).


Questa serie di consonanze, di attinenze, non sarebbe sufficiente a spiegare non solo l’ottima riuscita, ma la stessa plausibilità di un progetto come quello ascoltato a Parma. In fin dei conti


Silvio Castiglioni ha adattato un lungo racconto dello scrittore californiano, la storia di un incontro di boxe, alla fine del quale il protagonista muore, dopo aver dominato il combattimento, per una semplice casualità. Scivola su una macchia d’acqua creata da una bottiglia rovesciata da uno dei secondi, si scopre e riceve un pugno, devastante e fatale, dal suo antagonista.


La storia ha tutti gli aspetti del melodramma. Joe Fleming è l’eroe positivo, bellissimo e generoso; ama castamente Genevieve, vero archetipo dell’eroina dei romanzi d’appendice. Anche se giovane ha deciso, per amore, di abbandonare il ring. Deve solo affrontare un ultimo combattimento, quello che gli permetterà di guadagnare quello che basta per metter su casa. Il destino ha deciso che la sua vita finirà su quel ring. Melodramma allo stato puro. romanzo d’appendice (non a caso The Game fu pubblicato a puntate fra l’aprile e il maggio del 1905 su un giornale di San Francisco). Non solo, è anche uno splendido reportage (un’arte, anche questa, che risale ai primi del Novecento e di cui London fu maestro) sulla boxe e sul suo mondo ed è, in potenza, un perfetto soggetto cinematografico. La revisione che Castiglioni ha compiuto sul testo e la splendida lettura che ne ha dato hanno restituito in pieno questi elementi.


Fabrizio Bosso, Luciano Biondini, il piccolo ensemble d’archi dell’ORER, il direttore Roberto Martinelli hanno disegnato una colonna sonora altrettanto colta e appassionante. Jazz, certamente, e di grande qualità, ma anche echi di Astor Piazzolla, di Leonard Bernstein e di musica per cinema. Un piccolo, scintillante catalogo, di una parte della musica del Novecento.


Il pubblico è stato immerso, dall’inizio alla fine, in un’atmosfera concitata e rovente, mutevole, perfettamente aderente al mix di sentimentalismo e durezza del testo.


Alla fine, anche il vecchio lettore londoniano era, autenticamente, commosso.



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