Dino Plasmati & LJP Big Band special guest Bobby Watson – Matera encounters

Dino Plasmati & LJP Big Band special guest Bobby Watson - Matera encounters

AlfaMusic – AFMCD207 – 2018





Dino Plasmati: chitarra, direzione

Bobby Watson: sax alto

Nico Marziliano: pianoforte

Francesco Fossanova: basso

Vito Plasmati: batteria

Michele Munno, Claudio Chiarelli, Angelo Manicone, Tommaso Capitolo, Vincenzo Appella: sassofoni

Franco Angiulo, Raffaele Amato, Vincenzo Pace, Nino Bisceglie: tromboni

Luciano Palmitessa, Marco Sinno, Nicola Di Marzio, Emanuele Lamacchia: trombe






Il percorso seguito dalla LJP Big Band, formazione diretta sin dalla sua nascita dal chitarrista Dino Plasmati, è sempre stato coerente e attento. Una musica in equilibrio sui tanti fili tracciati dalle tradizioni del jazz, pronta anche ad affacciarsi su altri terreni – come ad esempio quelli della musica brasiliana o dei crooner storici – e sempre pronta ad utilizzare tutte le possibilità offerte dal linguaggio, andando anche a cercare autori solitamente meno frequentati ma del tutto incastonati nelle grammatiche del mainstream, penso tra gli altri a Shorty Rogers o a Sammy Nestico.


Le nove tracce mettono naturalmente in evidenza la forza espressiva e l’impatto sonoro della big band. In questo senso, ormai da un decennio, Plasmati e i suoi compagni di avventura sono concentrati a disegnare una visione personale e rispettosa allo stesso tempo dell’organico ampio. Dai concerti con gli ospiti prestigiosi all’organizzazione di un festival esplicitamente dedicato alle big band, il lavoro si è rivolto in maniera costante e profonda alle dinamiche e agli aspetti tipici della formazioni. In Matera Encounters, si ritrova perciò una regia in grado di disporre con cura i vari momenti scenici, le successioni degli assolo, i passaggi affidati alle sezioni. All’interno di questa architettura, Bobby Watson si colloca con estrema naturalezza e offre il contributo della sua grande esperienza e della sua personalità artistica.


Come molti degli autori scelti da Plasmati, anche Bobby Watson è un musicista che appartiene alle generazioni che si sono affacciate alla ribalta dopo gli anni Sessanta: guarda alla tradizione per scavare all’interno del percorso tracciato da chi li ha preceduti per trovare nuove possibilità espressive. Intuizioni personali, gusto e attitudine principalmente acustica impiegati per cercare soluzioni ad un’evoluzione del jazz dal suo interno, sulle premesse poste dai predecessori.


L’incontro tra il solista e la big band diventa il terreno perfetto per mettere in pratica tutto questo: Plasmati ha sempre condotto questa sua “creatura” come un laboratorio di crescita e confronto: da una parte, la possibilità di giocare con l’energia e con il vocabolario sonoro del grande organico e, dall’altra, l’incontro con ospiti di altissimo profilo internazionale. Plasmati costruisce un binario sicuro per l’orchestra e il solista: su questo, i brani si muovono oltre la “consueta” successione di temi e assolo e gli arrangiamenti costruiscono scenari che rendono protagonisti i vari attori chiamati in scena.


E a tutto questo, come ho scritto nelle note di copertina al disco, si aggiunge anche il dettaglio dell’apertura in “medias res”: Doin’ Basie’s Thing comincia infatti con un’introduzione del pianoforte di Nico Marziliano che ci porta direttamente nel centro del flusso sonoro, ci lascia intendere che, prima, sono già successe altre cose e ci coinvolge direttamente nel ritmo del brano. È una delle chiavi utilizzate da Plasmati per mostrare in maniera immediata lo spirito della LJP Big Band, il carattere guascone e divertito del gruppo e il mood spumeggiante che attraversa i brani e le improvvisazioni. Un approccio diretto che si ritrova anche nel modo di affrontare le ballad, morbide ma mai sdolcinate, sempre animate della verve propria della formazione.Come è facile immaginare, lo spirito più “impetuoso” lo ritroviamo nelle venature funky di Admiral’s horn e nel dialogo tra le sezioni che apre Big Mama Case, nella rilettura di Soul Kitchen dei Doors e nell’anima hard bop di Groovin’ hard.





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