Huby/Chevillon/Rabbia – Reminiscence

Huby/Chevillon/Rabbia - Reminiscence

CAM Jazz – CAMJ 7929-2 – 2018


Régis Huby: violino, elettroniche live

Bruno Chevillon: contrabbasso, elettroniche live

Michele Rabbia: percussioni, elettroniche live





Insolite (e non del tutto ovvie) considerazioni progettuali per il presente trio, a considerare il marginale (e magari poco collocabile e scomodo) ruolo in jazz del violino, tuttora “marchiato” dalle appartenenze alla prassi classicista e orchestrale – tanto da far apparire poco determinante (sic!) il lavoro alacremente svolto da interpreti di varia fisionomia, da gran tempo archiviato il dato che nella costituzione delle primissime (quanto estemporanee e fortunose) jazz-band, certamente l’instrumentarium era tratto da bande ed orchestrine certamente comprendenti strumenti oggi “minoritari” o apparentemente marginali.


Il presente e paritario trio concede un certo grado di prima linea all’arte di sintesi del violinista Régis Huby, di formazione accademica ma anche di precoci intercambi stilistici, e nel collettivo si fa certamente tesoro dell’impressionante arco collaborativo posto a segno dai tre (dovremo limitarci ai più salienti Sclavis, Crispell, Battaglia, Aarset, Brahem) ma pur si perviene ad un caratteristico sound, relativamente orientato dallo strumento-guida (o più probabilmente tematico, stante la parità di ruoli).


Nel caso di questo il dettato classicista non appare linguisticamente pervasivo, quanto funzionale ad una certa temperanza espressiva (Huby è piuttosto avvicinabile a certi solisti d’arco semi-ortodossi alla Zbigniew Seifert, diremmo), ergendosi senza prevaricazione su una plastica e scambievole piattaforma, animata dalle dinamiche della percussione scultorea e d’invenzione istantanea di un concentrato Michele Rabbia, e dalla polpa ritmico-melodica dell’arioso e pulsante contrabbasso di Bruno Chevillon.


Raggiunti sul campo dal prezioso enigineer Stefano Amerio, che ne ha ottimizzato inflessioni e risonanze, i tre pervengono ad un’esposizione spettacolare d’ampio respiro e ad un interplay fertile e vivace, in cui l’elettroacustica solida e sobriamente “pétillante” del trio non mira all’esasperazione della forma né delle energie condivise, plasmando una musicalità leggibile senza cessioni nello spirito figurativo, complessivamente avventuroso ed emozionale.



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