Carmen Souza – Creology

Carmen Souza - Creology

Galileo – GMC070 – 2016





Carmen Souza: voce,. pianoforte. chitarra

Theo Pascal: contrabbasso, basso elettrico, percussioni, voci

Elias Kacomanolis: batteria, percussioni, voci

guest

Zoe Pascal: batteria, percussioni








La freschezza, non tanto o non solo l’originalità, è merce rara nella sterminata discografia dei nostri tempi di fusioni, contaminazioni e quant’altro. Carmen Souza, cantante portoghese capoverdiana – è nata a Lisbona da genitori provenienti dall’arcipelago – possiede questa dote.


La sua musica ha la non comune capacità di farsi sentire nuova, fresca appunto, e allo stesso tempo universale, capace di colpire anche un pubblico diverso da quello dei jazz-fan.


In estrema sintesi si può definire il suo lavoro come un continuo crossover fra vari mondi musicali: il jazz, la musica africana (quella delle sue isole in particolare, nella lingua delle quali, il creolo, scrive quasi tutti i suoi testi), l’immenso giacimento sonoro del Brasile qui omaggiato con una rilettura di Upa Neguinho di Edu Lobo.


Jazzisticamente la Souza appare molto debitrice di Billie Holiday che sembra essere il suo nume tutelare soprattutto in certe incursioni nei registri più alti. Si possono sentire nel suo racconto anche tracce di Nina Simone, di Sara Vaughan (soprattutto nell’estrema “mobilità” emotiva del suo canto). Più problematico appare il parallelo con la sua grande “conterranea” Cesaria Evora. La Souza rilegge il patrimonio di Capo Verde alla luce di un jazz molto vicino al be bop. La Evora era una cantante folk tout-court, più fedele alla tradizione. Basta ascoltare le loro versioni della struggente Sodade per rendersi conto delle differenze. O vedere (non ringrazieremo mai abbastanza You Tube…) come la Souza si approcci in maniera swingante al malinconico repertorio della morna. Certo, essa è in grado anche di reinterpretare quel repertorio in modo più tradizionale (penso al bellissimo 6 on na Tarrafal presente nell’album Kachupada del 2012), ma non è certo questa la sua cifra artistica preminente.


Probabilmente il suo nume tutelare è un altro oriundo capoverdiano, quell’Horace Silver cui la cantante non manca di rendere omaggio in quasi ogni disco (in questo c’è una bellissima cover di Pretty Eyes).


Esaurito il compito scontato ma necessario della ricerca delle influenze, si può dire tranquillamente che siamo in presenza di un’artista straordinaria. La sua voce riesce ad avere un numero incredibile di sfumature. Acida nei toni più alti, amara quando scende più in profondità, dolce di un’oscura dolcezza. Non sembri forzato quest’accostamento. La parola kachupada, usata per il titolo del disco prima citato, sta a indicare un piatto capoverdiano ricchissimo di ingredienti e spezie varie. Criology è un disco pieno di sapori, colori, profumi, la musica della Souza, sempre al confine fra il jazz più raffinato e il pop di altissimo livello, trasmette all’ascoltatore una grande fisicità; è sensuale, nel senso più lato della parola.


Nel gruppo sono presenti anche i suoi due musicisti più fedeli, Theo Pascal (che è anche il suo scopritore) ed Elias Kacomanolis. Percussionista ospite è il quindicenne figlio di Pascal, Zoe.