Silke Eberhard Trio – The Being Inn

Silke Eberhard Trio - The Being Inn

Intakt Records – CD 280 – 2017



Silke Eberhard: sax alto, clarino basso

Jan Roder: contrabbasso

Kai Lubke: batteria






Personalità non nuova alle nostre attenzioni, di Silke Eberhard ricordiamo per la medesima etichetta un più che corposo duo su materiali colemaniani (in associazione ad Aki Takase), e presso altri editori analoghe formule in cui si cimentava alla pari con veterani indiscussi quali Dave Burrell ed Ulrich Gumpert, capitanando peraltro formazioni quali la vivace Potsa Lotsa (devoluta alla riscoperta di Eric Dolphy), producendosi più recentemente con sodali d’area germanica nell’incisione Mingus! Mingus! Mingus!, di cui riesce abbastanza intuitivo il dedicatario.


Aggregazione ulteriore la presente band, sperimentatasi nell’ultimo decennio ma di frequentazione almeno ventennale, trio che sembra rispondere a peculiari desiderata della solista se, nonostante la sue ormai numerose collaborazioni, appare «il contesto ideale per cui ella ha sempre immaginato i propri materiali.»


Istinto ed orientata sinergia si esplicitano già all’apertura nell’introduttiva, capricciosa Ding Dong, di cui non suona nuovo lo spirito provocatorio ma soprattutto la fluenza espositiva; percorso dalla serpiginosa ancia di Silke, dinamicamente supportata da una macchina ritmica di notevole corpo costruttivo di cui colpirà il dinamico collante con la voce solista, introduce il centro solido e fluviale dell’incisione nell’estesa Willisau Suite, traente il titolo dall’omonimo festival elvetico (probabilmente non familiare per il nostro uditorio) e dallo spirito risonante delle musiche che vi hanno abitato negli anni, ma non meno dal locale contesto naturale (e non poco dalla speciale possibilità accordatale d’immergersi nell’ascolto dell’impubblicato, vastissimo repertorio festivaliero fissato su nastro).


Via via vari ed altalenanti estri e caratteri tematici della rimanente ma non certo riempitiva sequenza, intervallata da brevi stanze umorali – le concisissime Schlappen, Towels, Wake-up call e, a sancire appunto i climi da pub, Another Pint e la conclusiva ed istantanea Last Order.


La “penultima generazione” – se così si vuol fissare – dell’Euro-free ha ormai riconosciuto un ennesimo esponente abile a gestire un linguaggio strutturato e di cruda immediatezza, ad esplicitare timbriche acide e declinare spirito acrobatico ascrivibili alle personalità degli ispiratori modelli, ma ormai metabolizzati idiomaticamente con tratti propri, non privi di scettico ed insieme riflessivo black humour (così ricorrente nell’area d’appartenenza): vivido ed assertivo il multiforme linguaggio delle ance, spiazzante la forza della coppia ritmica, il trio si palesa insomma agguerrito nel vivificare lo spirito dell'”Inn”, esponendo un conviviale “ritrovo” in jazz, amicizia e libertà.