Fresu e Bollani:il jazz di ottobre al Parco della Musica di Roma

Foto: Archivio Fabio Ciminiera










Fresu e Bollani:il jazz di ottobre al Parco della Musica di Roma

Roma. Auditorium Parco della Musica

3 ottobre: Archeo Hits. Ensemble Mare Balticum, Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura

15 ottobre: Stefano Bollani Piano Solo



Il grande Jazz torna finalmente ad essere protagonista con quattro concerti di assoluto valore nella prima parte del cartellone di ottobre dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Questo almeno era quello che prevedeva il calendario iniziale, visto poi l’annullamento forzato delle esibizioni di Trilok Gurtu con Enrico Rava e quella attesissima, con un sold out già in prevendita, della cantante e pianista canadese Diana Krall.


Il pubblico romano si è potuto consolare comunque già ad inizio mese con l’inedito progetto Archeo Hits collegato alla mostra ArchaeoMusica in svolgimento per tutto ottobre nel Parco regionale dell’Appia Antica. Come inedita inaugurazione si è scelta proprio questa unica tappa all’Auditorium che vede protagonisti quattro musicisti scandinavi dell’Ensemble Mare Balticum confrontarsi con i nostri Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura in un lavoro prezioso di riscoperta di alcuni manoscritti e spartiti antichissimi, dai primi metodi di notazione musicale di cui si ha certezza risalenti alla Grecia classica, successivamente ripresi dai Romani, fino alle canzoni delle saghe tradizionali della Viking Age passando per le prime laude italiane. Disposti a semicerchio con agli estremi i due musicisti italiani, i sei fin dalle prime note immergono gli spettatori in atmosfere lontane per epoche e sonorità: ai quattro nordici, almeno nella prima parte in cui inevitabilmente c’è da affinare il giusto feeling, il compito didascalico di esporre la rilettura di tali melodie, arricchite poi dagli interventi più barocchi e moderni di Fresu e di Bonaventura che spesso ripropongo frasi originali spesso riprese dal loro disco in duo In Maggiore di qualche anno fa. Man mano però l’intesa tra tutti cresce e l’interplay si fa decisamente più ricco di colori: il lavoro del bandoneon risulta delicato grazie al gusto finissimo degli interventi di un di Bonaventura che diventa di fondamentale raccordo tra il suono di strumenti arcaici e quello più moderno e caldo di un Fresu che non perde occasione di arricchirlo di effetti, in un territorio ancora una volta ideale per il suo poetico lirismo. Un crescendo che diventa sempre più interessante ed entusiasmante nota dopo nota, in un repertorio che copre sorprendentemente un arco temporale di duemila anni con estrema armonia per una musica che scavalca ogni distinzione di genere risultando, in questa veste, ancora attuale, riscoprendo il lascito di grandi civiltà del passato tra il Mediterraneo e i mari del Nord.


Decisamente più scanzonato lo show proposto da Stefano Bollani che si presenta in perfetta solitudine al cospetto di una Santa Cecilia che fa nuovamente registrare il tutto esaurito. Nonostante le aspettative e le premesse di un concerto in larga parte improvvisato, e dopo un avvio più serioso in cui il pianista apre la sua esibizione con una composizione propria, ripescando poi dal passato un tango degli anni trenta e una canzone d’amore scritta da Franco Fortini nel 1959. Dopo questo trittico in cui il piano è assoluto protagonista, Bollani indossa i panni di showman trasformando il concerto in avanspettacolo, attingendo pezzi di cabaret già visti e sentiti nelle sue trasmissioni televisive e radiofoniche in cui ironizza sui metodi di composizione dei grandi della Classica, per poi passare ad imitare Paolo Conte. In mezzo non mancano dei brani in cui si cimenta anche alla voce, suo vecchio pallino, con risultati qui a dir poco rivedibili. Il tono leggero non mancherà nemmeno nei bis dove, come ormai da tradizione, si cimenta in un lungo medley formato da brani tra loro distantissimi proposti direttamente dal pubblico in sala. Onestamente un’occasione persa per chi si aspettava di gustarsi un concerto con al centro la musica e il pianoforte, tralasciando l’aspetto più ironico di un repertorio ormai risentito e riproposto più volte, ma alla fine l’ovazione è tutta per un Bollani che evidentemente riesce, con la sua simpatia e talento di intrattenitore, a divertire ed ammaliare la numerosa platea presente, segno che forse, ancora una volta, ha avuto ragione lui.



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